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Gli eroi mitologici come testimonials del WWF

3 min di lettura

Perché amo gli animali?
Perché io sono uno di loro.
Perché io sono la cifra indecifrabile dell’erba,
il panico del cervo che scappa,
sono il tuo oceano grande
e sono il più piccolo degli insetti.
E conosco tutte le tue creature:
sono perfette
in questo amore che corre sulla terra
per arrivare a te.
(Alda Merini)

WWFPrima del prodigio lirico di quest’autrice straordinaria s’intreccia un mondo mitologico a delinearne un legame familiare e domestico: una cura all’incontrario, allora, da cui trarne un insegnamento, ora, per il verso giusto, a difesa di un ecosistema, messo a repentaglio da sviste limbiche e neo-primitive.
Diamo uno sguardo a delle storie, per evitare, preferibilmente, delle sviste imperdonabili nella vita quotidiana di ogni giorno.
Ad esempio: Telefo, figlio di Ercole e Auge, fu allattato da una cerva. Egisto, figlio di Tieste e Pelopia, da una capra. Eolo e Beoto, figli di Nettuno e Menalippe, da una vacca. Ippotoo, figlio di Nettuno e Alope, da una giumenta. Romolo e Remo, figli di Marte e Ilia, da una lupa.
Atalanta, figlia di Iasio e di Climene, fu allevata da un’orsa. Antiloco, figlio di Nestore, esposto sul monte Ida, fu allattato da una cagna. Arpalice, figlia di Arpalico, re degli Amimnei, da una vacca e da una giumenta. Camilla, figlia di Metabo, re dei Volsci, da una giumenta.

Nei più antichi testi della letteratura greca, l’Iliade e l’Odissea, il gesto o  un’emozione sono appaiati a quelli di un animale: troviamo, che ne so, eroi in battaglia che si avventano sul nemico come leoni feroci o lupi, altri che si difendono come cinghiali accerchiati dai cacciatori, altri ancora che “come avvoltoi artigli adunchi, becco ricurvo/sopra un alto roccione stridendo combattono” (Iliade XVI, 428-429);
sovente lo scenario è in  un’espansione faunistica, poi: quando i compagni di Odisseo finalmente lo rivedono vivo, gli corrono incontro commossi e festanti come vitelli che vedono le loro madri tornare dal pascolo e si fanno loro incontro saltando di gioia (Odissea X, 410-414), oppure, le mosche che volano intorno agli ovili quando i secchi son pieni di latte appena munto sono come i nugoli di Achei che si affollano sulla piana di Troia prima dell’attacco (Iliade II, 469-472), o per chiudere, Agamennone che passa in rassegna le truppe è come un toro che si aggira maestoso e superbo fra le vacche (Iliade II, 480-483).

Perché non amare gli animali, allora?
Le parole di Madre Teresa di Calcutta bastano a commento:

“Perché ti danno tutto, senza chiedere niente. Perché contro il potere dell’uomo con le armi sono indifesi.
Perché sono eterni bambini, perché non sanno cos’è l’odio ne la guerra. Perché non conoscono il denaro e si consolano solamente con un posto dove rifugiarsi dal freddo. Perché si fanno capire senza proferire parola, perché il loro sguardo è puro come la loro anima.
Perché non conoscono né l’invidia né il rancore, perché il perdono è ancora naturale in loro. Perché vivono senza avere una lussuosa dimora. Perché non comprano l’amore, semplicemente lo aspettano e perché sono nostri compagni, eterni amici che niente potrà separare. Perché sono vivi”.
Desacralizzando l’umano, George Orwell, si era permesso di aggiungere:
Quattro gambe buono, due gambe cattivo.

Chissà, quanto sia vero tutto ciò!
Prof. Francesco Polopoli

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