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Golem Volley Palmi, lo sfogo del main sponsor Roberto Recordare

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Tifanny de Abreu Pereira

Tifanny de Abreu Pereira

Roberto Recordare: “È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio, diceva Alberto Einstein.”

COMUNICAZIONE STAMPA

Leggo gli articoli pubblicati sul Giornale di Brescia e mi viene l’impulso immediato di scrivere. Per un attimo penso che si meglio non farlo, meglio ragionare e ripensarci dopo un’ora a mente fredda. Passa l’ora e la mente più fredda mi dice: «che aspetti a scrivere?». Forse perché nel frattempo arriva anche la telefonata del Dott. Debaudenco, “vice premier” della Lega Pallavolo di Serie A Femminile, che mi chiede se è possibile avere le analisi di Tifanny.

Ma non avete scritto alla Federazione? … Quindi? Cosa c’entra la Lega? Chiusa la telefonata.

È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio, diceva Alberto Einstein.

Purtroppo è vero. Basta che Tifanny Pereira de Abreu faccia 28 punti contro il Brescia e si scatena il finimondo. Premesso che la GOLEM VOLLEY ha vinto con il Millenium 3 – 1 proprio in casa del Brescia nel girone di andata senza Tifanny, premesso che la nostra Elisa Zanette ha fatto anche lei 28 punti in altra partita contro Chieri e anche di più, 31, contro Legnano e premesso infine che lo scorso anno giocava nella stessa serie un’altra ragazza che aveva effettuato cambio di genere.

Ciò premesso, vincere 3 – 1 in casa con la stessa squadra, fare gli stessi punti che anche una sua compagna ha fatto prima di lei e giocare come la sua collega ha fatto lo scorso anno, per Tifanny e per la GOLEM VOLLEY diventa un’apocalisse, da far scatenare tre quarti dell’Italia pallavolistica.

La storia ci insegna che le opinioni fondate sul pregiudizio (e per quanto detto sopra è evidente che lo sono), sono sempre sostenute con una grande violenza quando, proprio come in questo caso, è un pregiudizio culturale. Le cose che prima accadevano normalmente, diventano scandalose per la stragrande maggioranza delle squadre appartenenti alla Lega Volley di serie A Femminile, se c’è di mezzo Tifanny. Non perché la Golem ha vinto 3 – 1 (è normale), non perché un opposto ha fatto 28 punti (è normale) non perché si tratta di una Transgender (anche questo era stato considerato normale lo scorso anno) ma perché ha spostato gli equilibri. Tifanny è una pietra caduta nell’acqua stagnante.

Non è bene cercare di alzare i toni quando c’è di mezzo lo sport e quando c’è anche di mezzo un aspetto culturale di cui bisognerebbe discutere diversamente, pacatamente e con intelligenza. Ma è vero che non si può sempre sperare di essere accomodanti e spingere le persone ad un confronto, quando mi sento dire da chi dovrebbe rappresentare il campionato di serie A Volley Femminile «Lei è una, dall’altra parte ce ne sono 250 di atlete». Questa affermazione mi spinge a pensare, ovviamente, che è un gioco di forza. E come spesso accade in tutto quello che si basa sulla forza, di solito vince chi ha più numeri. Specialmente in una situazione dove la stragrande maggioranza delle persone coinvolte ha da perdere nel far cadere questo pregiudizio.

È risaputo che le persone giudicano generalmente gli altri avendo come modello i propri limiti e a volte l’opinione della comunità è piena di preconcetti e timori, come un virus latente che sotto l’impulso di rabbia, paura e invidia ritrova la sua piena forza. Questo mi porterebbe a pensare che una battaglia contro i pregiudizi universalmente condivisi sia una battaglia persa. Ma non amando “l’essere portato”, mi pongo delle domande. La cosa che fa più effetto è la frase: «Ma noi non ce l’abbiamo con lei». Certo e una frase che bisogna dire, ma allora con chi ce l’avete? Con la GOLEM VOLLEY perché vi ha messo nella condizione di doverci pensare? O con nessuno, basta che Tifanny sparisca dalla circolazione?

Non può giocare con le donne, non può giocare con gli uomini, ma chi se ne frega. È l’interesse di una contro l’interesse di altre 250. Ma forse qualcuno non ha calcolato due variabili, ossia la GOLEM VOLLEY e Palmi. E anche qui ci sarebbe da dire e far sapere come vengono poste le questioni. Ossia, sempre dal suo trono di paglia qualcuno ebbe a dire: «Ma volete venire voi da Palmi a dirci come si devono fare le cose?». Io direi di sì, confermo quanto già detto nell’occasione. Forse è il momento che lo spieghiamo noi da Palmi come bisogna fare le cose. È difficile combattere un pregiudizio con il ragionamento, non essendo esso frutto della ragione, quindi difficilmente estirpabile ragionando, se qualcuno non costringe a doverlo fare chi non ha orecchi per sentire e altri interessi per la mente, che sono dati dal numero di squadre a favore e non dalla giustizia. Lo sforzo profuso ha l’obiettivo esclusivo del mantenimento degli equilibri. Prima forse bisogna convincere qualcuno che del rapporto 1:250 non ce ne facciamo un bel niente e che il gioco di forza non è una base di ragionamento. Per questo sgombro intanto la mente da qualsiasi equivoco, da chi crede che questa sia una cosa accettabile e possa essere un argomento da poter mettere sul piatto. E sgombro anche la mente da chi crede che la GOLEM VOLLEY debba mantenere un equilibrio a tutti i costi. È più facile non affrontare il problema, è più comodo e non espone, quindi si tende a volersene sbarazzare. Ma non è possibile sbarazzarsene. Non fin quando ci saremo anche noi a condividere questa battaglia culturale. Di fatto ci vuole più coraggio, materia di difficile reperimento, non facile alla contraffazione. Nella sua incoscienza e ignoranza forse l’ha detto giusta il giornalista del Giornale di Brescia quando ha detto che il Millenium Brescia ha perso «Nella casa di Tifanny». Sì, in questo momento Palmi è la casa di Tifanny, può darsi anche per pochi mesi perché nessuno può conoscere il futuro. Ma fin quando è a Palmi, è la casa di Tifanny.

Quindi, per chi non l’avesse capito, non c’è modo di sbarazzarsi del problema se non con lo sbarazzarsi anche di noi o, in alternativa, bisognerà arrivare a riconoscere quello che è evidente e che la rappresentanza dei 250 non vuole riconoscere. E chiarisco meglio. La rappresentanza non vuole riconoscere che non significa rappresentare tutti comunque nella stessa misura. Ognuno ha approcciato in modo diverso la vicenda, anche se interessato. Tifanny è una donna. Lo è per una conquista culturale avvenuta con tanti anni di ragionamenti e lotte. Mentre scrivo mi arriva un messaggio, mi girano un post di Facebook. Una certa Liana Mazzanti scrive: «Perché non fanno un torneo di uomo diventato donna solo per loro… senza rovinare un bel gioco.». Come si può discutere di questo argomento relegandolo solo allo sport, quando esistono persone che riescono a scrivere anche questo? Mi arriva un altro messaggio, chi ha scritto è la madre di una giocatrice del Pesaro. È evidente che non aveva nessun interesse naturalmente… sicuramente nessun interesse a spiegare a sua figlia cos’è la discriminazione. È più importante salire in A1. Ma come farebbe a spiegarglielo?

Noi non possiamo parlare perché «la stiamo usando a scopo pubblicitario» e lei neanche perché «si è fatta operare solo per guadagnare più soldi». Rifletto sulla distanza dei due approcci e mi accorgo che comincia ad essere di anni luce. Tanto da non poter trovare un punto di contatto se non curvando lo spazio.

Rileggo gli articolo del Giornale di Brescia e di Brescia Oggi, i quali riportano che la colpa è praticamente delle battute sbagliate, dell’attacco scadente della squadra Bresciana, tanto da pormi, per l’ennesima volta, la domanda: «E cosa c’entra Tifanny se sbagliano le battute e non hanno saputo attaccare?», ma il capro espiatorio è ugualmente lei; infatti è evidente dai titoli che fanno riferimento alla “Transessuale Brasiliana” o “della giocatrice transessuale” o “ventotto punti realizzati dalla giocatrice Trans”, che sottende un disprezzo per la diversità tale da ricordare certi momenti bui della storia, mentre il pensiero va ai tanti miei compaesani, molti sicuramente non più tanto giovani, intervistati nella Villa Comunale di Palmi, che hanno strabiliato i giornalisti di “La7” con la loro apertura mentale rispetto a questi scribacchini da quattro soldi (noi per fortuna ne abbiamo solo uno…); sembravano più giovani di 100 anni. Questo mi ha spinto a dire: «Sì, veniamo noi a dirvi come si fa, voi fate la vostra strada che noi vi veniamo dietro», e in quel momento mi sentivo di poter parlare non solo in rappresentanza della GOLEM VOLLEY ma come persona che in quel momento rappresentava anche Tifanny e la comunità di Palmi, che l’ha accolta con curiosità ma senza nessun retro pensiero. E dico questo con cognizione e convinzione, visto che mi hanno posto un problema “etico” per non farla giocare. Un problema etico? L’etica vorrebbe che lei non giocasse? Ma siamo alla follia? Si, forse si. Di fatto, diceva qualcuno, che la pazzia si basa sul pregiudizio. Ma quella è un’altra storia…. Forse.

Voglio avvertire, e sia chiaro, che non credo alle parole se non seguite dai fatti. Che nessuno venga a dire che “rispetta la mia scelta…”. Non c’è nessun ma.

Intanto imparate a chiamarla per nome. Lei non si chiama “La giocatrice Trans”, lei si chiama Tifanny Pereira de Abreu ed è una donna.

Roberto Recordare

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