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La Bella e la Bestia

2 min di lettura

 È tutto rappresentato il mondo greco-latino

La Bella, in questo caso, è una Pulchra sopita in silva dormiens, ovvero la Sindrome da addormentati nel bosco, a mo’ di delirium tremens per la deriva culturale di oggi; la Bestia, invece, il solito Latinorum!  Eh sì, gli studenti sembrano proprio in coma profondo di fronte alle lingue morte! Come sarebbe profondo, invece, per gli allievi accostarsi alla sapienza antica! Non è solo colpa loro e la mia non è solo una giustifica di un atteggiamento pregiudizievole, tengo subito a precisarlo! La politica, in primis, ha perso la Trebisonda, oscurando i nostri sensi, rendendoci miopi, sordi, senza il gusto e l’odore delle belle cose, con-tatto zero versus il Bello: cinque sensi azzerati, nei governicchi che si sono succeduti! Tante famiglie fanno anche la loro parte, nemmeno loro hanno un’immunità sociale, occorre anche dirlo! Oggi, circolano tanti imbellettati in giro, con un portamento stiloso ma senza la bellezza delle radici: quanti sradicati, che tristezza! Una puntualizzazione: la fiaba richiama l’attualizzazione tragica dei giorni nostri. Perché?

Basta guardare ogni casa per esaminarne un alto cerimoniale d’investitura: principini e principesse (e Corona a gogò!); campioni di vanità a corto di princìpi, per il babbo e la babba del loro numero civico di corte.  E poi, guai a toccare e violare i loro privilegi! Ora, credo che sia necessario rieducarsi ad un senso, che ci ancori in una realtà sul serio, sfeudandoci da un regno farlocco, per ritornare alle radici e all’humus, di cui è impastata la storia dell’uomo. Ricordo che cultura è coltivare, nutrire lo spirito: senza quest’attenzione terra-terra si rischia di essere tra le nuvole in una sorta di nebulosa ove non si definisce nulla e dove non trova posto l’insostenibile leggerezza dell’essere. “Penso sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta, alla sua gestione, all’umanità che ne scaturisce. A quest’antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde: è un esercizio che mi riesce bene, e mi riconcilia con il mio sacro poco” (Pasolini).

Caddi come corpo morto cade!? Rinveniamo, dunque, dai cinque bisillabi danteschi, per riporci in un santo cammino!

A riveder le stelle (D. Alighieri):

nell’etere, tra l’altro, sono scritte le favole antiche

(da cui prendono il nome le nostre costellazioni).

Nel cielo stellato sopra di noi,

a dirla con Kant, concludendo,

è tutto rappresentato il mondo greco-latino.

Romantico, vero!?

Noi classicisti operiamo la Didattica della resurrezione: la Pasqua delle lingue morte, in ogni momento dell’anno, persino a Natale! Un miracolo civile straordinario con un retrogusto di saperi. E la qualità passa attraverso la quantità, lo diciamo sempre a chiare lettere: melius abundare quam deficere (che in una traduzione abusiva, la mia, è come dire: Meglio abbondare, che essere deficienti!).

Qualche sacrificio: un fioretto, che è olio di gomito, quanto basta,  per lubrificare una buona mente! Un mementomo a piccolo ammonimento: non è per di più così tanto apocalittico, ma una buona Novella!

Prof. Francesco Polopoli

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