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MeetUp: Quasi tutti gli edifici scolastici cittadini a medio-alto rischio sismico

3 min di lettura

Excursus storico e normativo sul rischio sismico degli edifici pubblici

L’Italia e le chiacchiere: chiacchiere sul testamento biologico, sui vitalizi, sulla messa in sicurezza delle scuole, sulla vita dei nostri figli. Tante chiacchiere e pochi, pochissimi fatti.

Il terremoto di San Giuliano di Puglia (31 ottobre 2002), oltre a fiumi di parole e promesse, non produsse nulla di tutto ciò che da quella tragedia sembrava dovesse emergere. Ovvero dare il via a quell’enorme campagna di sensibilizzazione e regolamentazione normativa volta, improrogabilmente, a dare rapide ed efficienti risposte alle esigenze imposte dal rischio sismico. Alle parole non seguirono i fatti. Quantomeno a Lamezia, nulla è cambiato!

Il crollo di quella scuola indignò molti, irritò tanti altri, provocò lo sdegno e la rabbia dei più ma, soprattutto, uccise 27 bambini ed una maestra.  Eppure quella scuola non era ancora classificata sismica e quindi il terremoto, normativamente parlando, era poco prevedibile.

Già 4 anni prima, tuttavia, si parlava di ‘Proposta 98’ per riclassificare il territorio dal punto di vista sismico, con la conseguenza che anche San Giuliano di Puglia sarebbe rientrato tra quei Comuni ri-classificati come “sismici”. Ma non fu mai adottata! Si, perché prima, nell’aprile del 1999, ci fu un confronto tecnico con non pochi problemi, poi, nel 2001, la nuova “Proposta 01”, che differiva dalla “Proposta 98” in modo non sostanziale.

Quindi, nel 2002, il Dipartimento della Protezione Civile invitò finalmente le Regioni a far pervenire contributi riguardo la riclassificazione sismica, al fine di consentire allo stesso Dipartimento di elaborare una bozza di documento di lavoro da sviluppare, congiuntamente, in un successivo incontro tecnico. Solo che nel frattempo, come già anticipato, morirono quei 27 bimbi e la loro maestra…

Finalmente l’Ordinanza n° 3274, del 20 marzo 2003 del Presidente del Consiglio dei Ministri, sancì, giusto qualche mese dopo la strage, l’obbligo di assunzione dell’evento sismico nella progettazione dei nuovi edifici, e prescrisse la verifica sismica delle strutture esistenti di particolare rilevanza, per importanza strategica o per la gravità delle conseguenze legate alla manifestazione di un terremoto (dal punto di vista ambientale e/o dei morti).

Ordinanza che servì solamente a lavare qualche coscienza.

La necessità di adeguamento sismico degli edifici e delle opere doveva infatti essere tenuta in conto dalle amministrazioni pubbliche nella redazione dei piani triennali, annuali, quinquennali, e chi più ne ha più ne metta, con particolare riferimento a tutti gli edifici ospitanti gli organismi governativi, i Vigili del fuoco, la Polizia, nonché autostrade, strade statali e opere d’arte annesse. Ma soprattutto qualsiasi categoria di edifici ed opere infrastrutturali destinate allo svolgimento di funzioni pubbliche, nelle quali siano presenti comunità di dimensioni significative, nonché edifici e strutture aperte al pubblico, anche solo suscettibili di grande affollamento, il cui collasso ovviamente potrebbe comportare gravi conseguenze in termini di perdite di vite umane. Perfetto!

Ad oggi nella nostra città, almeno in relazione all’obbligo categorico di procedere a verifica di quanto citato nelle norme, non ci sembra che siano stati resi noti (dato che sicuramente saranno stati rispettati tutti gli obblighi previsti dalle norme) gli elenchi degli edifici pubblici e del loro grado di rischio sismico. Nemmeno in seguito alle nostre ultime richieste circa gli edifici scolastici cittadini.

Addirittura l’unico censimento ufficiale riguardante la capacità di resistenza degli immobili di interesse collettivo, redatto dalla Protezione Civile nel 1999, oggi risulta quasi introvabile (Rapporto Bàrberi), se non fosse per qualche appassionato che ne conserva gelosamente le copie. Da tali copie viene fuori che gran parte degli edifici pubblici di Lamezia Terme (quasi tutti gli edifici scolastici), risultano classificati come di medio-alto rischio sismico.

Certamente all’epoca le metodologie di analisi ed i criteri di verifica derivavano da norme e metodi di calcolo non ancora sufficientemente dettagliati, almeno non quanto lo sono oggi soprattutto in tema di resistenza e risposta delle strutture ad eventi sismici. Ci piacerebbe perciò sapere come quegli stessi edifici della nostra città contemplati nel Rapporto Barberi verrebbero oggi classificati alla luce dei progressi scientifici fatti in questo campo e quindi capaci di stabilire con meno approssimazione la risposta sismica di un edificio e le condizioni della sua struttura. Quale sarebbe il loro coefficiente di vulnerabilità sismica reale?

A Lamezia si dovrebbero impiegare risorse e capacità per intervenire radicalmente, ed immediatamente, sul nostro patrimonio edilizio, innanzitutto su quello scolastico. Non, magari, solo dopo che l’ennesimo disastro rimetta in scena il “teatro” dei decreti, delle leggi, delle nuove norme tecniche, della nuova riclassificazione sismica, e via dicendo.

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