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venezia.74, ultima parte: THE TESTAMENT

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Yoel, un ricercatore che studia l’Olocausto, è nel mezzo di una battaglia legale riguardo un brutale massacro di ebrei alla fine della Seconda Guerra Mondiale nel villaggio di Lensdorf, in Austria; e contemporaneamente, esaminando le testimonianze dei sopravvissuti all’Olocausto, ritrova scioccato una dichiarazione resa dalla madre di cui non sospettava l’esistenza, che getta nuove ombre e luci sul suo io più profondo.

 

Uno dei temi più abusati, trattati e bistrattati dal cinema è proprio l’Olocausto, terreno emotivamente scivoloso e storicamente pericoloso. Questo mentre invece nella vita reale il negazionismo, con le sue assurde derive, continua a proliferare ed esistere: è anche per questi motivi che un film come The Testament è ancora oggi, nel 2017, importante, e necessario. Per come intreccia mirabilmente storia pubblica e vissuto privato, per come mette in primo piano la necessità della memoria, per come lotta strenuamente fino alla fine, e anche oltre, per conservare sé stessi e la propria identità al di là di ogni etichetta.

 

L’abilità straordinaria dell’esordiente Greenberg sta poi proprio nel saper unire insieme temi altissimi con uno stile asciutto, preciso, diretto, lineare, raccontando senza sbavature l’orrore dell’abisso che si apre quando scorgiamo, fuori e dentro di noi, ciò che di sfuggente, di innominato, resta dentro quando manca la parte essenziale di noi: il passato. Un urlo straziante, straziato e silenzioso per penetrare e attraversare i muri trasparenti del silenzio.

 

GianLorenzo Franzì

 

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