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Calabria. Muore per Covid “l’incantastorie” Danilo Montenegro

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La pandemia in atto e, all’interno di questa, la drammatica situazione finalmente all’attenzione nazionale della sanità calabrese, e della sua disastrata classe politica, non hanno probabilmente consentito di dare il giusto risalto alla prematura scomparsa di Danilo Montenegro

In una stagione (che forse comincia a declinare) esageratamente inflazionata di gruppi cosiddetti etnici e di cosiddette tarantelle, la figura di Danilo Montenegro si staglia come un gigante della musica calabrese, della quale è stato uno dei primi protagonisti. Cresciuto all’interno di quella cultura contadina che ha cantato in decine di ballate, ereditata dal padre e dal nonno, cantori e suonatori di chitarra battente, la passione per la musica, ha poi sviluppato un personale percorso creativo tanto in ambito musicale quanto in ambito pittorico, proponendosi come “neo-cantastorie”. Una figura che gli consentiva di parlare di storie personali e collettive, anche se oggi quasi dimenticate, e di incontrare per la sua strada altri linguaggi come il jazz, lungo un percorso che comincia negli anni Settanta per arrivare fino ad oggi.

Ma per Montenegro la musica non è mai stato solo fare spettacolo, cercare gli applausi (graditi ovviamente) magari cavalcando l’onda di una moda momentanea, ma sempre una ricerca, anche controcorrente se necessario, che gli consentisse nel modo più efficace possibile di fare sentire la sua potente voce alla comunità e al mondo. Una delle sue canzoni più belle si intitola infatti “Vogghju gridari”.

Per questo forse ultimamente la sua voce si era sentita di meno, per non confondere la sua alle troppe urla schiamazzanti e volgari dalle quali ultimamente siamo circondati. Ma Danilo Montenegro era un’artista, che alla Calabria ha dato tanto, sicuramente più di quanto abbia ricevuto. E per questo, a differenza di tante altre, la sua voce resterà nella cultura e nella storia di questa regione, e di tutta la musica italiana.

Danilo Gatto

Foto Luigi Briglia. Festival “l’Albero di Canto” organizzata da ARPA ad Isca sullo Ionio nel 1988. Il fotografo è Sebastiano Salgado

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