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Chi dua rìapuli vò m’acchjiàppa, unu fhùji e ‘nn’atru scappa

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«Chi vuol catturare due lepri, uno fugge e l’altro scappa»: è il senso di una locuzione vernacolare che dal mondo degli animali trova mordente per farne tanta saggezza da propinare

Questo proverbio trova un suo precedente storico nel latino medievale «lepores duos insequentes neutrum capit» («chi insegue due lepri non ne prende nessuna»), di cui esiste persino la variante «qui binos lepores una sectabitur hora / non uno saltem, sed saepe carebit utroque» («chi inseguirà nello stesso momento due lepri spesso non ne perderà una sola, ma entrambe»).

A ben vedere il senso paremiologico equivale al nostro «chi troppo vuole nulla stringe», mi pare abbastanza ovvio! L’immagine zoomorfica succitata, comunque, si ritrova anche in Boccaccio (1, 9: «chi due lepri caccia talvolta piglia l’una e spesso niuna»), per non dire che si presenta pressoché simile in altri dialetti come quello genovese («chi due levre caccia, unn-a a fûzze e l’atra a scappa»). Appare evidente un lessico venatorio, che amo collegare, per consonanza di tema, al De arte venandi di Federico II: di certo, il Signore di Neocastrum, lo Svevo, per intenderci, non sarà stato così maldestro durante le sue battute di caccia. Il suo falco lo avrà guidato, sine dubio, mentre lui nell’hinterland lametino andava aguzzando il suo ingegno predatore.

Suggestioni, forse!

Prof. Francesco Polopoli

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