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La dimora del filosofo Francesco Fiorentino: una riflessione di passaggio…

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La dimora di Francesco Fiorentino

casa di Francesco Fiorentino

“Vedo gente salire sul Frecciarossa Roma-Firenze con valigie spaventose. Le donne in particolare. Più sono piccole e più roba hanno. Sudano come bestie. I trolley troppo larghi si incastrano nel corridoio generando ingorghi e male parole. Ma negli sguardi di questi turisti-facchini splende sempre un orgoglio titanico. Il diritto a portarsi dietro tutto il comfort. Come dire la casa intera” (Paolo Rumiz).

Prosegue il nostro critico, dicendo ancora: “perciò, esistono due tipi di uomini. I Tir e le mongolfiere. I primi non buttano via niente e accumulano, accumulano fino alla fine della vita. I secondi, col passare degli anni, imparano a buttare le zavorre per poter volare. Tiziano Terzani fu Tir per gran parte della vita: accumulò montagne di antiquariato nei viaggi intorno al mondo e ridusse la casa a un museo. Quando si ammalò, capì l’antifona e divenne mongolfiera. Si ritirò in una capanna con una stuoia e una teiera, a guardare il cielo”.

Anche il nostro Fiorentino, nello spirito, era “mongolfiera”: forse anche nella stazza, ma non ci fa niente; ed ogni suo viaggio era in sé la sola graduatoria dell’utile, così come il testo ne faceva, negli spostamenti, da breviario vagabondo.

Tutto ciò che lo accompagnava, bastandogli, insomma, era se stesso, senza vanità alcuna: del resto, l’abitazione sambiasina ne conferma l’animo nella stessa schiettezza di un Ariosto, ad esempio: Parva, sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed non sordida, parta meo, sed tamen aere domus (la casa è piccola, ma adatta a me, pulita, non gravata da canoni, acquistata solamente con i miei sacrifici).

Pertanto, la grandezza, nella forza di un ossimoro, sta, appunto, nella piccolezza: l’essenziale stride nei palazzi, già! Il filosofo docet

Prof. Francesco Polopoli

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