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Discarica. Rif. Comunista: necessarie politiche alternative a quelle attuate finora in Calabria

4 min di lettura
PRC Lamezia: discarica modello fallimentare basato su falsa idea della economicità

Non può che farci piacere la crescente opposizione di associazioni, cittadini, sindaci all’ipotesi di terza discarica in località Stretto di Lamezia

Comunicato Stampa

Ma non comprendiamo il silenzio di molti in merito alla paventata realizzazione (esiste una richiesta in tal senso presentata alla Regione)  di un impianto di circa un milione di mc nel territorio del comune di Pianopoli. Come se l’inquinamento avesse confini. In questo dibattito c’è pure chi continua ad affermare  che le discariche sono inevitabili omettendo di dire che il massiccio ricorso alle stesse è frutto, nella nostra regione, di politiche fallimentari certificate annualmente dai rapporti dell’ISPRA (Istituto  Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Il rapporto 2019, con riferimento all’anno precedente, ci annovera tra le tre regioni che smaltiscono più rifiuti in discarica. Con il 52% , contendiamo il penultimo posto al Molise,  a fronte del 9% o del 7%  rispettivamente del Friuli e del Trentino e del 25% della Sardegna.  Ci sono regioni che hanno superato o sono vicinissime all’obiettivo del 10% fissato per il 2035 dalla direttiva 850/2018 UE.

Tra l’altro queste sono regioni che hanno un conferimento risibile di rifiuti non trattati (le norme prevedono che in discarica finiscano solo rifiuti trattati: meno volume, meno inquinanti) smaltiti in discarica.

A Lamezia è emersa in questi giorni anche la proposta di utilizzare i fanghi della depurazione e la “frazione organica” (ci si riferisce al compost?) dei rifiuti come ammendante per i terreni agricoli. Se ci si riferisce al compost non possiamo che essere favorevoli a condizione che ci siano tutte le certificazioni necessarie sulla qualità dello stesso. Gli stessi agricoltori spesso sono diffidenti a causa delle notizie sulle inefficienze degli impianti di trasformazione. In quanto ai fanghi, in totale sintonia con le posizioni espresse dalle associazioni ambientaliste e da associazioni che si battono per la salute dei cittadini, siamo fermamente contrari. Intanto ribadiamo la nostra richiesta che i comuni, innanzitutto il nostro, pretendano informazioni precise sugli impianti ricadenti nel nostro comprensorio, soprattutto sulla loro sicurezza e sui loro livelli di efficienza e efficacia. Non occorre ricordare i ripetuti problemi emersi nel corso degli anni nell’impianto di depurazione e le condizioni dell’impianto TMB (Trattamento  Meccanico Biologico) ricadente nella zona industriale. Un impianto obsoleto definito fatiscente dallo stesso consorzio d’imprese subentrato, nel gennaio di quest’anno, alla Daneco.

Non si può dimenticare che nel 2018 con una operazione scandalosa il governo giallo-verde inserì l’ormai famigerato articolo 41 nel decreto Genova che riguardava la vicenda del ponte Morandi. Con quell’articolo, nel consentire l’utilizzo dei fanghi in agricoltura, si innalzavano notevolmente i limiti indicati nel 2017 dalla Cassazione relativi a diverse sostanze contaminanti. Così sono stati innalzati, per esempio, di ben 20 volte i limiti per gli idrocarburi presenti nei fanghi. Accanto all’inquinamento dei terreni e quindi delle produzioni agricole questo decreto rappresenta un pericolo per le acque sotterranee.

Le acque sotterranee, è bene ricordarlo,  forniscono circa la metà dell’acqua da bere e di quella per l’irrigazione usata nel mondo. Le principali fonti di inquinamento delle acque dolci sono: lo scarico di rifiuti non trattati, gli affluenti industriali e l’utilizzo massiccio di pesticidi e prodotti chimici nei campi, tanto più in quelli utilizzanti fanghi da depurazione. Non bisogna dimenticare che l’acqua inquinata, in particolare quella potabile contaminata da sostanze chimiche e tossiche, causa problemi gravissimi alla salute umana e che i fanghi di depurazione sono spesso imbottiti di sostanze di origine ignota. Alcuni di questi inquinanti sono largamente sottovalutati,  anche a livello normativo, pur avendo il potenziale di raggiungere  l’uomo attraverso l’acqua,  combinare gli effetti in modo sinergico ed in parte imprevedibile e sono molto resistenti alla decomposizione. Difatti, diverse sostanze rimangono per molti anni nel terreno. Non è un caso che la II sezione della Corte Europea di Giustizia afferma con la sentenza del 28 marzo 2019, accogliendo le argomentazioni dell’Austria che aveva dichiarato che i fanghi sono collegati a rischi per l’ambiente e la salute: “dagli elementi sottoposti alla Corte risulta che il recupero dei fanghi di depurazione comporta taluni rischi per l’ambiente e la salute umana”. La Corte Europea ha concluso che uno Stato membro può decidere che i fanghi provenienti dalla depurazione rimangano per sempre un rifiuto e in questo modo soggetti alla disciplina di precauzione stabilita per i rifiuti.

Siamo alle solite: le esperienze nel ciclo dei rifiuti, i dati squadernati ogni anno dallo stesso Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, dimostrano che sono necessarie politiche alternative a quelle attuate finora in Calabria. C’è bisogno di politiche regionali forti a favore della differenziata che per essere efficace ha bisogno di campagne pubblicitarie continue sulla sua utilità.

Bisogna cominciare a porsi obiettivi concreti, cosa mai fatta, per la riduzione dei rifiuti a partire dagli imballaggi, promuovere e favorire  il “compostaggio domestico” a partire dagli agricoltori, e, allo stesso tempo, promuovere comportamenti virtuosi delle imprese, dei commercianti, dei cittadini tutti e, soprattutto, vanno garantiti impianti efficaci di trattamento meccanico e biologico.

Rifondazione Comunista 

   Rosa Tavella 

   Francesco Sesto

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