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Don Sturzo e la lotta alla mafia: una lezione attuale per la Lamezia di oggi

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Centesimo anniversario della fondazione del Partito popolare italiano. “A tutti gli uomini iberi e forti facciamo appello, liberi perché forti, forti perché liberi”

Ha scritto Maurice Vaussard di considerare Luigi Sturzo “non solo il più grande, ma forse anche l’unico pensatore democratico cristiano che abbia avuto l’Occidente nel Novecento.” E Gaetano Salvemini lo definì “HImalaya di certezza e di volontà”. Di rincalzo, Pietro Scoppola aggiunge: “Luigi Sturzo è [stato] indubbiamente una delle più forti intelligenze politiche che l’Italia abbia avuto in questo secolo, il  ‘900″.

I giudizi espressi dallo scrittore francese e dai due storici, il pugliese  e il romano, si riferiscono senza dubbio alla grande, carismatica personalità del sacerdote  calatino. Non è facile trovare, anche tra i personaggi, cattolici e laici, di spessore culturale e politico del secolo scorso, una personalità caratterialmente così forte e decisa e culturalmente così profonda e versatile come don Luigi Sturzo. Di lui si può dire che egli fu tutto: sacerdote, fedele ed ubbidiente, innanzitutto. Ma anche uomo politico, fondatore del Partito popolare italiano il 18 gennaio del 1919, appunto, e suo segretario generale fino a quando fu costretto, nel 1924, all’esilio prima in Inghilterra e poi in America.


Svolse nella sua città, Caltagirone, la funzione di amministratore diventando profondo conoscitore della macchina burocratico/amministrativa.
  Ricoprì la carica di pro-sindaco, perché a quei tempi ai preti era fatto divieto di assumere incarichi pubblici diretti quale quello di sindaco. Assunse una parte importante nell’Associazione dei comuni italiani fino a divenirne presidente. Infine ricoprì anche la carica di segretario della giunta direttiva dell’Azione cattolica, “posto di osservazione dal  quale – scrive Pietro Scoppola –  ebbe certo modo di rendersi esattamente conto della situazione e del grado di maturazione del mondo cattolico italiano”.


Fu agitatore sindacale, il sacerdote calatino, in difesa dei diritti degli emarginati ed organizzatore di attività sociali a favore dei contadini della sua terra e dei poveri (organizzando cooperative, casse rurali, alleanze tra i contadini, società operaie, leghe municipaliste, ecc.). Fu filosofo, dedicando un’attenzione particolare alla filosofia di Antonio Rosmini.  Mostrò un acuto interesse per i problemi sociali accanto allo studio attento delle ideologie e delle filosofie tradizionali. Fu pensatore, scrittore politico di notevoli qualità ed acuto meridionalista. Fu giornalista incisivo e penetrante  scrivendo  su “La Croce di Costantino”, il giornale dal contenuto politico/sociale dei cattolici di Caltagirone, la sua città natale, da lui  fondato il 7 marzo del 1897.



Agli inizi
del Novecento, l’ ispirazione meridionalistica di Sturzo muoveva da una critica serrata allo Stato liberale. Per la quale “è proprio lo Stato liberale ad essere antistorico, giacchè si oppone in tutti i modi a ciò che le condizioni storiche, ambientali, psicologiche del popolo richiedono:  l’instaurazione di un sistema socialmente equo e l’ingresso dei ceti popolari nello Stato”. In questa analisi, molti motivi venivano a coincidere con l’opposizione socialista al regime borghese. A proposito della quale, nella sua penetrante analisi, Sturzo fece una essenziale precisazione. “La dottrina socialista, contrariamente a quella liberal-moderata è, per così dire, dalla parte della storia, giacchè si rende interprete del movimento di massa che il corso storico sta orientando”.  
Ecco perché, per fare un cenno a quanto accade ai giorni nostri nella nostra città, non mi stupisce affatto la dichiarazione di Costantino Fittante il quale, in relazione al convegno svoltosi il 13 dicembre dello scorso anno da parte dell’Associazione  “La Nuova frontiera dei liberi è forti” di Lamezia, ha espresso “l’apprezzamento per i propositi del Movimento dei  ‘Liberi e Forti’ e per le proposte lanciate nell’incontro”.

Penso io che, se l’obiettivo è quello di evitare che nelle prossime elezioni amministrative vincano  movimenti e partiti  dichiaratamente populisti con il rischio che a Lamezia  si possa formare un’amministrazione comunale la cui politica sarebbe impregnata di contenuti essenzialmente demagogici, l’incontro/intesa tra chi si richiama all’umanesimo cristiano ed alla dottrina sociale della Chiesa e coloro che si richiamano ai valori dell’umanesimo socialista, non può che essere più che auspicabile e da perseguire con convinzione e tenacia. Sempre che quest’incontro/intesa lo si voglia realizzare come progetto politico/amministrativo serio che, partendo dai bisogni dei cittadini e dai problemi reali della città, possa costituire un esperimento che faccia invertire la rotta di degradazione complessiva in cui si trova da decenni avviluppata Lamezia. Un esperimento  che possa finalmente avviare la città della Sirena Ligea e della Ninfa Terina verso un cammino di sviluppo e progresso morale, civile, sociale, politico, economico.    

Sturzo
fu anche un intransigente antifascista che pagò con un lungo esilio di 22 anni la sua opposizione al regime mussoliniano.



Forse pochi
sanno, però, che il sacerdote calatino fu anche un intransigente  avversario della mafia nella sua Sicilia. Lo fu con la sua attività di amministratore e di politico, ma anche con quella di pensatore, di scrittore, di pubblicista. E, d’altro canto, anche su questo terreno, non ci si poteva aspettare un atteggiamento diverso da un combattente di prima fila come  lui. Ha scritto, infatti, un dramma intitolato proprio così: “La Mafia” i cui contenuti a me sembrano attualissimi soprattutto per una città come Lamezia il cui Consiglio comunale è stato sciolto per ben tre volte per collusioni con ambienti malavitosi.

Ne riassumo brevemente la trama. Vi viene rappresentato l’intreccio perverso che avviluppa la politica corrotta ed intrigante (rappresentata dall’on. di San Baronio e dal comm. Roberto Pàlica), la mafia (i cui affiliati sono Accarano, Artaco, Liodoro, Ornafacci…) e la pubblica amministrazione, collusa e compiacente. Sarà un coraggioso uomo dello stesso partito dei citati due politici, il cav. Enrico Ambrosetti, che non si presta ai loro sporchi giochi, a quelli dei loro sodali e della mafia, infiltrata negli affari pubblici grazie al duo,  Baronio  e  Pàlica. Ambrosetti, con l’aiuto di alcuni altri amici che ne condividono la fede ed il coraggio, farà fallire i progetti dei politici disonesti  e sconfiggerà la malavita organizzata del suo paese. E anche se avrà corso il rischio che la sua coraggiosa azione di denuncia avrebbe potuto gravemente nuocere ai due suoi figli, che ancora in tenera età,  avevano subito la minaccia di morte, non piegherà la testa e finirà per avere partita vinta.



Resistere
ai ricatti e non abbassare la testa: questa mi sembra la lezione, attuale e pregnante, che ancora oggi don Luigi Sturzo ci tramanda. L’Amministrazione, che s’insedierà a Lamezia dopo la parentesi dell’amministrazione straordinaria, ha non solo il diritto, ma il dovere di governare questa città per l’intera legislatura; governarla bene, realizzando il programma che si sarà data all’atto del suo insediamento nei limiti in cui vincoli e criticità posti dal più generale, oggettivo contesto, lo consentiranno e sempre rispettando le regole della trasparenza, della legalità e del buon governo. Ripudiando, da parte di tutti i componenti del Consiglio comunale qualsiasi intrallazzo o combutta con ambienti malavitosi.

Prof. Giuseppe Sestito

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