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Fare Critica. Daniele Luchetti, Sabrina Impacciatore e Alessandro Radaelli spiegano il cinema a “modo loro”

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La terza giornata di Fare Critica dedicata al cinema ha ospitato il regista Daniele Luchetti, l’attrice Sabrina Impacciatore e il giovane regista Alessandro Radaelli

LAMEZIA. Al Fare Critica festival della critica teatrale e cinematografica ieri pomeriggio a parlare di cinema e critica sono intervenuti il regista Daniele Luchetti, l’attrice Sabrina Impacciatore e il giovane regista Alessandro Radaelli che proprio al festival lametino ha portato in anteprima regionale il suo film Funeralopolis.

Daniele Luchetti e la necessità di riscoprire la cultura cinematografica

Parlando di suggestioni e scuole artistiche, Luchetti ha affermato d’aver subito e di subire tutt’ora l’influenza della nouvelle vague e del cinema francese in generale. “Si tratta di un cinema fatto di chiacchiere, tuttavia strutturato in maniera classica”. Eppure, nonostante questo forte legame con le opere d’oltralpe, il regista ha caratterizzato molte delle proprie pellicole con una connotazione meramente politica. “I francesi non hanno mai raccontato come noi il contesto politico, da noi c’è infatti una particolare attenzione ai temi politico-sociali. Altra nostra caratteristica è prendere argomenti pesanti e non farne dei drammi”. Incalzato dal direttore artistico del festival, Gianlorenzo Franzì, Luchetti si è poi soffermato sulla questione della critica in relazione ai giovani che si avvicinano al cinema. “I giovani non conoscono la critica. si è deteriorato il rapporto con la parola scritta, in generale. Se non si colma questa mancanza rischiamo di avere una classe di autori senza formazione”. Anche per questa ragione la critica deve ridefinire il suo ruolo. La critica deve decifrare il film, mediare tra l’opera e il pubblico, ma in un contesto in cui non esistono più pellicole che necessitano la decifrazione risulta quanto mai urgente ritornare a formare chi vuole fare cinema. Non c’è memoria culturale, e nello specifico cinematografica. “Il problema di fondo è quello di mantenere una sapienza culturale”. Risulta necessario per chi fa cinema conoscerlo e conoscere il mondo. “Il cinema riflette il mondo mano non lo influenza. Non facciamo cinema sociale, noi raccontiamo la realtà”.

Sabrina Impacciatore, il cinema e l’essere attrice

“A me piace entrare nella visione di un regista. Io faccio l’attrice per allontanarmi da me”. Non ha dubbi sul suo ruolo, l’attrice Sabrina Impacciatore, che insieme a Franzì ripercorre la propria carriera e svela la propria posizione nei confronti del cinema italiano.

“Io sono un’attrice studiosa, per me la recitazione è una ricerca che non ha conclusione. Però mi sono accorta che spesso questa preparazione non è richiesta, soprattutto per le parti femminili. In Italia a noi attrici capita di trovarsi davanti a ruoli non complessi, per questo invidio i ruoli dei miei colleghi maschi”. Il problema riguarda chiaramente le attrici che si trovano a dover sgomitare per quei due o tre ruoli all’anno davvero caratterizzati, ciò che rimane è sempre un gradino sotto, senza complessità e ricerca. Inoltre, secondo la Impacciatore, in Italia non esiste il concetto di conservazione dell’artista. All’artista non è concesso di crescere professionalmente. I grandi del passato hanno avuto modo di diventare tali perché hanno avuto la possibilità di crescere. “Purtroppo oggi si fa fatica a diversificare i ruoli per tendono a offrire ciò in cui sei riuscita. Però l’attore sogna di poter percorrere strade diverse”. La situazione si acuisce soprattutto per le donne, nel cinema come in qualsiasi altro campo. L’esempio è il movimento Me Too che nel giro di sei mesi negli USA ha rivoluzionato il mondo dello spettacolo, mentre nel nostro Paese non è cambiato nulla. “Non sono femminista, tuttavia è chiaro come in Italia sia difficile affermarsi per una donna. Io però sono una sognatrice e sono fiduciosa che si stia creando un mutamento. Una società s’impoverisce quando la donna è considerata solo oggetto sessuale”. Ammettendo che proprio per invertire la rotta probabilmente un giorno sarà costretta a passare alla regia, Sabrina Impacciatore ha concluso confessando che il suo sogno “è un ruolo in cui si mescolino il registro drammatico e quello comico. La vita è una tragedia ridicola, come ci ha insegnato Anna Magnani”,

Alessandro Radaeli e il suo cinema d’osservazione

A chiudere il cerchio della giornata dedicata al cinema è intervenuto il giovane regista Alessandro Radaelli, del quale in serata è stato proiettato in anteprima regionale l’opera Funeralopolis (2018). Il regista milanese ha seguito e documentando le vite di alcuni tossicodipendenti. Le riprese non sono state mera registrazione di vita vera, ma alle immagini Radaelli ha attribuito una struttura narrativa. A questo scopo è stata funzionale la scelta del bianco e nero. “Ho voluto uniformare la narrazione a un linguaggio comune con l’intento si smorzare le scene forti e attribuendo all’opera il filtro del cinema sulla realtà”.

Daniela Lucia

 

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