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Francesco Acri, il filosofo innamorato di Dio

3 min di lettura
ritratto Francesco Acri

Francesco Acri

Filosofo cattolico, visse a Bologna dove insegnò e tessé amicizie importanti con i poeti Giovanni Pascoli e Giosuè Carducci.

Francesco Acri nacque a Catanzaro il 19 marzo 1834 da umile famiglia di cui sappiamo poco. Acri fu iniziato agli studi dal fratello Luigi, precoce talento che in seguito divenne sacerdote, e da Luigi Lomonaco.
Nel 1852 si diplomò presso le scuole Pie di Catanzaro, mentre tre anni dopo si laureò in giurisprudenza a Napoli. Ma la carriera forense non era congeniale a Francesco Acri e pertanto tornato a Catanzaro aprì una scuola privata che abbandonò dopo poco tempo per fare il precettore presso un ricco signore nella provincia di Cosenza. Fu però licenziato per aver trattato male un suo allievo.
Vinse un concorso a Napoli per insegnare filosofia, ma poiché non vi erano cattedre libere accettò una borsa di studio in Germania, dove ebbe per compagno Francesco De Sanctis (dal 1861 al 1863).

Gli anni di insegnamento

Ritornato in Italia, Acri per un anno insegnò in un liceo a Modena (1864), e qui sposò Elisa Mucchi, che ben presto lo lasciò vedovo e con cinque bambini da accudire, poi divenne direttore a Catania di un istituto tecnico (1865) e da lì giunse a Palermo dove insegnò filosofia teoretica e dove pensava di restare definitivamente ma gli fu impedito ciò a causa della ostilità dei colleghi in quanto polemizzò animatamente contro il materialismo (1867).

In questi anni scrisse delle traduzioni sui Dialoghi di Platone e opere teoriche su questioni scolastiche.
Nel 1871 fu chiamato dall’università di Bologna per insegnare storia della filosofia, per la rinuncia del filosofo lametino Francesco Fiorentino, con cui polemizzò per tutta la vita in quanto hegeliano e positivista, mentre l’Acri fu sempre legato allo spiritualismo di Vincenzo Gioberti e Antonio Rosmini, senza però intaccare la stima personale fra i due pensatori calabresi.

Acri da giovane

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Le amicizie con Carducci e Pascoli

A Bologna rimase ad insegnare fino alla morte avvenuta il 21 novembre 1913. Ebbe per amici i poeti Giosuè Carducci, nonostante fosse un anticlericale, e Giovanni Pascoli, che lo definirà sempre suo dolce maestro, in quanto, grazie al filosofo catanzarese, il poeta romagnolo conobbe e amò la poesia greca e il pensiero di Platone. Fra i suoi allievi ricordiamo lo scrittore Renato Serra. Il pensiero filosofico dell’Acri fu neo platoniano e sempre di stretta osservanza cattolica. In veste di consigliere comunale nella città felsinea (1895) e di membro dell’Opera dei Congressi (1897) si batté contro l’introduzione del divorzio, contro la rimozione del crocifisso nelle aule scolastiche, contro la Massoneria e per l’osservanza dei buoni costumi, anche attraverso scritti sulla educazione religiosa (1895) e come titolare anche della cattedra di Pedagogia (1893).

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Fu un sincero patriota, voleva l’Unità d’Italia con Roma capitale, ma temeva che queste sue posizioni potessero nuocere al primato del papato e alla libertà della religione cattolica nel nuovo regno italiano.
Scrisse pochissimo, per via della sua perenne insoddisfazione per non avere uno stile letterario che ritenesse degno da applicare per spiegare le sue idee filosofiche e sopratutto per il suo carattere solitario.
Acri cercò di conciliare nei suoi scritti, non riuscendoci pienamente, pensiero filosofico e letteratura, cosa che come sappiamo riuscì egregiamente qualche decennio dopo al filosofo esistenzialista francese Jean-Paul Sartre.
L’unica sua opera compiuta è Teorica delle idee (Palermo, 1870), poi inserita nel 1907 nel corpus dei suoi scritti Videmus in aenigmate. Acri è sepolto alla Certosa di Bologna. Al filosofo catanzarese sono state intitolate delle vie, oltre che nella sua Catanzaro, anche a Roma, Cosenza, Bologna e Reggio Calabria.

M. S.

 

 

 

 

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