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Gaspare Zinnanti, il killer purificatore di Milano

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Uccideva le sue vittime per salvar loro l’anima. Questa era la missione cresciuta nell’alienata mente di Gaspare Zinnanti, ribattezzato dai cronisti “Il killer di Milano”. Zinnanti veniva catturato nel capoluogo lombardo esattamente venti anni fa, in seguito a una rapina compiuta ai danni di una giovane ragazza, di professione giornalista, che subito dopo il furto si recava alla Polfer della stazione centrale milanese avendo riconosciuto l’identikit dell’uomo apparsa sui giornali qualche giorno prima.

Immagine correlataTrentaseienne, tossicodipendente e disoccupato, in quel mese di marzo del 1997 Gaspare Zinnanti terrorizzò Milano; si macchiò di tre omicidi, compiuti tutti usando come arma un martello, e chi sa quanti altri ne avrebbe commessi se non fosse stato identificato da quella ragazza. L’11 marzo uccide una sua vecchia conoscente, la cinquantaduenne Francesca Coelli, il 21 tocca ad Alvaro Calvi, amico omosessuale dell’assassino, colpito con il terribile arnese mentre compilava la schedina, la notte successiva è la volta di Vincenzo Zenzola, quarantatré anni, anch’egli tossicodipendente, mortalmente colpito durante il sonno, tutte vittime della sua folle missione: salvarli dall’ira del Creatore. Zinnanti si sente infatti investito da un compito sovrannaturale, una mansione ordinata a lui da strane voci che sente e dalle allucinazioni di cui è affetto.

Tre omicidi, dunque, e un quarto sventato per pura casualità. La mattina del 12 marzo, alla fermata Sondrio della metro di Milano, Gaspare Zinnanti spinge una donna sulle rotaie pochi istanti prima il passaggio del treno. Compiuto il folle gesto l’uomo si allontana rapidamente. La donna, grazie alla prontezza di riflessi del conducente del treno, fortunatamente riporta solo un trauma cranico con lacerazione cerebrale.
Si arriva al 24 marzo 1997, giorno in cui il delirio schizofrenico di Zinnanti giunge al capolinea. “Il killer di Milano” gironzola intorno alla stazione in cerca di qualcuno da derubare spinto da una crescente fame che lo attanaglia. Armato di una siringa minaccia la giovane giornalista, le ruba del denaro e scappa via per gli ultimi minuti di libertà. I vestiti ancora sporchi del sangue dell’ultima vittima e le impronte digitali rinvenute sul martello lo inchioderanno subito. Zinnanti non tenterà alcuna difesa. Dirà successivamente all’arresto “Non li odiavo […] non volevo che soffrissero, la vita è triste, è fatta di passaggi, si deve passare da uno stadio all’altro, io volevo fare del bene”.

Gaspare Zinnanti uccideva perché amava le sue vittime; si descriverà come un purificatore, un missionario per volere divino. Verrà giudicato incapace di intendere e di volere e internato in una struttura psichiatrica. Nel luglio del 2001 il suo corpo verrà ritrovato senza vita nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia. Causa del decesso: impiccagione. Gaspare Zinnanti, perseguitato dalle allucinazioni e dalla sua alienazione mentale, ha deciso di salvare anche la propria anima.

Antonio Pagliuso

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