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Giannuzzi: “chiusura impianti da sci preambolo di un nuovo lockdown”

2 min di lettura

“Qui non servono più ristori, ma dei veri e propri risarcimenti per la stagione completamente compromessa!”

Comunicato Stampa

La prassi istituzionale da un lato e i tempi tecnici sull’altro versante.

Una via stretta, quella che Roberto Speranza si è trovato a percorrere per decidere il nuovo rinvio dell’apertura degli impianti sciistici.

Ministro della Salute dimissionario fino a venerdì sera, il reincarico è stato ufficializzato poi sabato con il giuramento poco prima di mezzogiorno. Quindi la verifica con il presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi della proposta avanzata dal Comitato tecnico-scientifico (che il 3 febbraio aveva dato l’ok sulla base di rigidi protocolli) in virtù del report sulla variante inglese dell’Istituto Superiore di Sanità, reso noto venerdì pomeriggio.

Così si è arrivati alle 18.53 di domenica, quando le piste da sci e tutto il mondo economico-produttivo che ruota intorno ad esse erano pronti alla ripartenza, pronti ad accogliere i turisti, a quasi un anno dallo stop dettato dallo scoppio della pandemia. E, invece, tutt’un tratto ogni progetto, ogni investimento e ogni idea sono stati vanificati.

Rabbia e frustrazione sono i sentimenti che inevitabilmente aleggiano tra gli operatori montani e chi può azzardarsi a dar loro torto?

Anzi, a questo punto penso non si possa più nemmeno parlare di ristori che servono, ma di veri e propri risarcimenti. La stagione è sostanzialmente compromessa e gli operatori del settore avvisano che il “fallimento” di molte imprese è dietro l’angolo.

Ma la cosa ancora peggiore, se possibile, è che la chiusura degli impianti da sci rischia di essere il preambolo di un nuovo lockdown totale, esattamente come quello vissuto a marzo del 2020.

Se da una parte si chiedono ancora sacrifici alle imprese turistiche e produttive, a causa dalle varianti del Sars-Covid 19, dall’altra occorre mettere in campo misure certe e nei tempi giusti, in modo da poter supportare (ma davvero, non più solo a parole!) l’Italia intera in questa crisi che la sta investendo nella sua interezza, toccando in particolar modo regioni come la Calabria, già in ginocchio da prima, e a cui questa pandemia sembra aver dato il colpo di grazia.

L’emergenza che stiamo attraversando in questi lunghi mesi potrebbe tramutarsi in un’implosione sociale ed economica, impoverendo ancor di più la nostra terra e allontanandola drasticamente dall’economia nazionale. Ciò non farebbe altro che favorire nuovamente l’emigrazione e lo spopolmento dei borghi, costringendo i nostri figli, i nostri nipoti e tutti i giovani a correre altrove per crearsi un futuro degno.

E’ questo ciò che vogliamo?

 

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