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«I sordi d’᾿u mpirimpimì si ndi vanu ccu llu mpimpirimpà»

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È, questo, un curioso modo di dire nicastrese, di cui, talvolta, si fa uso per mettere in risalto che sparisce presto e senza lasciar traccia di sé tutto ciò che ci perviene gratuitamente o che si guadagna con mezzi illeciti

Tale verità è stata sempre condivisa da tutti: dalla gente comune e dai dotti «᾿mpullosi»; solo che quest’ultimi hanno preferito manifestare le loro convinzioni al riguardo, accompagnandolo con quell’aforisma, tramandato dal poeta arcaico Nevio, «male parta male dilabuntur» («le cose male acquistate svaniscono malamente») o col detto italiano «la farina del diavolo se ne va tutta in crusca» ( quest’ultima è la parte di scarto nella macinazione del grano: quindi, in senso lato, si intende ammonire, con questa nostrana volgarizzazione, che non conseguiremo mai grandi vantaggi da quanto conseguito indebitamente). In barba a questo, personalmente, preferisco richiamare alla memoria, perché postilla letteraria, una sua semplice ripresa in versi del Goldoni: «del demonio la farina / tutta in crusca suole andar» (da “La donna di governo”, atto I, scena IX).

Insomma, la morale è comune con lo sperpero dilapidato agli occhi di tutti: «tuttu si ndi và ad isci ed asci», per chiuderla a mo’ di slogan onomatopeico. E se valesse il contrario, beh, ci pensa San Michele Arcangelo, perché «illu, sì, ca cci pò» con i satanassi: chissà «cchi c’aspetta» come salassi! Quando la posta è alta, il prezzo è caro…

Prof. Francesco Polopoli

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