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Marco Falaguasta

Catanzaro, 19 gennaio 2019. Quarto appuntamento al Teatro Comunale con la rassegna teatrale Vacantiandu con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta. La rassegna è inserita nell’omonimo progetto regionale con validità triennale finanziato con fondi PAC.

In scena, dopo i successi sul piccolo schermo come protagonista di fiction e di film TV, l’attore, autore e regista Marco Falaguasta con lo spettacolo Non si butta via niente di cui è anche coautore insieme a Giulia Ricciardi e Alessandro Mancini  per la regia di Tiziana Foschi.

C’è una comicità raffinata, scevra da volgarità, che ride della sua epoca attraverso l’osservazione minuta, attenta, pungente di uomini e donne con i loro vizi e le loro manie.

E Non si butta via niente, che è diventato anche un libro pubblicato da Orizzonte degli Eventi,  è un lavoro di scrittura drammaturgica contemporanea a sei mani affidato all’intelligenza e alla garbata impertinenza di un attore, Marco Falaguasta, che sa creare con il pubblico la giusta empatia come nella migliore tradizione delle stand-up comedy.


Il grande e il piccolo schermo ci hanno abituati ad una tipologia dell’attore comico come personaggio goffo, preferibilmente di aspetto non gradevole, lento e pasticcione. Marco Falaguasta è invece attore elegante e bello che, come un ginnasta, volteggia tra finzione e verità, usando in maniera disinvolta il registro alto e quello basso della comicità. Con levità, restituisce al pubblico il piacere di leggere in maniera trasversale, divertita e allegra gli stereotipi di quel grande rotocalco che è la contemporanea società dei consumi.

Un incipit secco: la definizione di “persuasione subliminale” per delineare una fotografia impietosa e divertita dell’uomo di oggi sempre più consumatore e meno cittadino, ormai deprivato di pensiero critico e manovrato da un sistema che genera bisogni e induce all’acquisto inconsapevole e veloce in un mondo dove tutto sembra non bastare più, dove le voragini interiori vengono colmate da oggetti inutili, sostituiti alla velocità di un click non appena si rompono o non funzionano più. Così, in aperta antitesi con il titolo, “si butta via troppo”. E alla teoria dell’accelerazionismo che esorta noi, esseri senza tempo, a vivere in una sorta di presente eternizzato si contrappone il tempo dell’attesa che è tempo sospeso, tempo del desiderio, del racconto, dell’ascolto. Non è un caso che il filosofo greco Zenone di Cizio, dicesse “Abbiamo due orecchie ed una sola bocca, proprio perché dobbiamo ascoltare di più e parlare di meno”  prefigurando uno dei tanti allarmi dei nostri tempi così allarmanti.

La narrazione scivola via, fresca, viva, pulsante di energia. Sono divertimenti, ansie e riflessioni, pensieri fluttuanti nello spazio mentale che si concretizzano in una pletora di personaggi che prendono forma avendo come unico mezzo la fisicità dell’attore il quale, esibendo una vasta gamma di modulazioni vocali, fa vivere sulla scena un mefistofelico rappresentante della Folletto, un azzimato dipendente della Nespresso Point, un solerte commesso di Trony, un compiacente e ben addestrato centralinista di Amazon per approdare ad una memoria personale che diventa memoria collettiva.

Con eleganza e signorile distacco ci fa credere di essere lui il bersaglio delle battute più impreviste, pungenti, profonde ma dopo poco ci si accorge che l’oggetto comico non sta sul palcoscenico ma in platea, disseminato qua è là tra le poltrone del teatro. E lui, scende tra il pubblico pronto a prendere di mira gli inconsapevoli spettatori che ridono… ridono… ridono di se stessi.

Tanti applausi, moltissime risate.

E al termine dello spettacolo, il consueto omaggio della tradizionale maschera, simbolo della rassegna Vacantiandu ideata dal graphic designer Alessandro Cavaliere e realizzata dal maestro Raffaele Fresca, che il direttore artistico Nico Morelli e il direttore amministrativo Walter Vasta hanno consegnato a Marco Falaguasta.

 

Giovanna Villella

[foto di scena Ennio Stranieri]

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