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L’allegria di esserci. Giorgio Lupattelli al Marca

2 min di lettura

L’allegria di esserci ancora, malgrado i fastidi di un corpo che danza con le tante molecole colorate dei farmaci. L’allegria dell’arte che ci colora attimi, giorni e secoli, nel continente uomo.

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Dai collage ai plastici e ai  murales, alle linee di una Guernica che abbaglia, al dinosauro che ci accoglie dal dì che storia divenne il nostro apparir sulla terra, andiamo.
Siamo al Marca di Catanzaro per Giorgio Lupattelli. Conferenza esplicativa super affollata, ed io non riesco ad entrare.
Pubblico sciamante intorno a Giorgio su, nelle sale, e raccolgo da lui   solo la storia dell’elefante che si piega lentamente addormentandosi, da una canzone che mi avrà detto, alla storia di Mac, il suo cane, raccontata in un video.
giorgio-lupattelli1Il cane, lentamente si addormenta. Potrebbe morire, o almeno, il morire potrebbe essere con lo stesso, lento, abbandono del corpo, del movimento.
Questo mi dice Giorgio, allontanandosi per accontentare una signora con una foto insieme.
La morte ed il sonno sono simili, penso io. anche il silenzio. Morire è il silenzio. La sfida al silenzio è un duello continuo. L’arte è la spada, continuo a pensarlo. Questa la forbice con cui si tagliò il nastro. Mac sorveglia.
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Quello che però ho ricostruito nella mia testa sta tutto nelle canzoni di Lucio Dalla, Piazza Grande, Quale allegria, negli infusi del port, quella vena succlavia che beve e beve una pozione magica, in Spiderman, in Rita Levi Montalcini, L’asso nella manica a brandelli. La vecchiaia è complicata, dice mia mamma al telefono.
Vivere è complesso, ridendo le rispondo. Poi chiedo” E Il piede?” e lei, pur rallegrata di averlo il piede, mi risponde che non l’ha neppur guardato.
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Tutti i colori di Giorgio Lupattelli al Marca sono un grande saluto a noi, al mondo che ci piace, tanto, tantissimo, ancora di più, se percepiamo la caducità, del  cane, del dinosauro, della mente.
Una sensibiltà che potrebbe implodere, dice con me Vittorio Pio, oppure esplodere.
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Meglio sarebbe lasciarla andare su tela, pannelli, su braille in ceramica e riderne ancora una volta di più.
Dovrò venire a fine mostra per vedere il ponte che lui costruirà con i mattoncini lego, quel ponte sull’acqua, quel ponte tra noi, che si chiama amicizia. Partendo tutti insieme dall’altra parte della luna con lo sputnik della fantasia.

Ippolita Luzzo

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