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Lamezia. La testimonianza: per 39 giorni prigionieri del Covid e della negligenza delle istituzioni

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coronavirus

Riceviamo e pubblichiamo la terribile esperienza della signora S.M. che insieme al suo bambino ha contratto il Covid. Un’odissea fatta di esasperazione, dolore e sofferenza che rivelano ancora una volta la disorganizzazione con cui viene gestita la pandemia.

Di seguito la lettera che  la Signora ha inviato alla nostra redazione:

!Quotidianamente noi comuni cittadini vivevamo già sulla nostra pelle le conseguenze di una continua rapina ai danni della sanità regionale. Il Covid sta accendendo i riflettori sulle interiora del disastro. Ed ecco la mia storia, una storia che, essendo simile alle esperienze di tante altre persone, è anche la loro storia.

Il 23 ottobre scorso io e mio figlio di 13 anni avvertiamo i primi sintomi, ma pensiamo si tratti di una semplice influenza. Il 25 ci mettiamo in quarantena volontaria assieme alla piccola di 8 anni, la quale non presenta comunque alcun sentore del virus..

Il 26 viene attivata la procedura per eseguire i tamponi, quanto a me tramite medico curante, relativamente a mio mio figlio mediante pediatra.

Il 2 novembre, dopo mille solleciti telefonici, arrivano i sanitari a casa e ci sottoponiamo ai test. Poco dopo mi arriva una telefonata dall’ASP di Catanzaro, durante la quale ci ordinano la quarantena obbligatoria in quanto avevo avuto contatto con mio zio che si trovava ricoverato nel capoluogo avendo ricevuto esito positivo.

Da allora inizia il nostro abbandono.

Inizio quindi a fare mille telefonate al Dipartimento di Prevenzione di Lamezia Terme per conoscere l’esito dei tamponi: il telefono squilla ininterrottamente, ma mai nessuno che risponde! Compongo a questo punto il numero dal quale ero stata contattata il 2 novembre e alla mia richiesta di avere informazioni circa l’esito dei nostri test, mi viene risposto con tono scorbutico: “Signora, se sono passati 4 giorni e non abbiamo comunicato l’esito vuol dire che siete negativi”. Al che rispondo: “Ok, grazie, ma mi serve un documento ufficiale da consegnare a scuola per il rientro dei miei figli”.

Secca la risposta: “Io non posso farci niente, questo non è un problema mio”.

Ad ogni modo, sia perchè non mi sento bene sia in quanto la faccenda non mi convince, decido di mia spontanea volontà di restare a casa con i bambini.

Ma provo a contattare il sindaco Mascaro esponendogli tutta la vicenda e chiedendo un aiuto visto che mi ritrovo abbandonata in questa situazione e non so come agire. Mi risponde quasi subito dicendomi che purtroppo l’ASP è in ritardo con i tamponi ma, cessato il periodo indicato, la quarantena può considerarsi finita.

Il 6 invio una mail all’ASP e il 9 ricevo una risposta in cui mi viene confermato l’esito positivo mio e di mio figlio: non oso immaginare cosa sarebbe successo se non fossimo restati a casa e avessi fatto tornare i bambini a scuola. L’11 anche il mio medico curante mi comunica la mia positività.

Poi tutto tace: svariate telefonate al Dipartimento di Prevenzione di Lamezia, ma nessuna risposta. Così il 13 delego una persona a recarsi direttamente in mia vece presso detto Dipartimento dove viene riconfermato, ma sempre e solo a voce, il risultato positivo mio e di mio figlio. Il personale aggiunge che si sarebbe occupato di avvisare chi di dovere e che il 15 mi sarebbero stati inviati i sanitari a rifare il tampone a me e ai miei 2 figli.

Ma da lì, buio totale: il Dipartimento non ha mai comunicato né alla pediatra né al Comune il nostro esito.

Riscrivo al Sindaco e lo informo della positività del risultato, sottolineando che per fortuna non avevo seguito il suo consiglio. Mi risponde che suo dovere era riportarmi quanto previsto dalla normativa, la quale consente di uscire una volta trascorso il periodo indicato. Gli inoltro allora la mail ricevuta giorno 9 dall’ASP e lui mi garantisce che si sarebbe informato personalmente.

Intanto se non fosse stato grazie ai nonni dei miei figli non avremmo neanche avuto da mangiare.

Dopo tanti e continui solleciti presso il Dipartimento di Prevenzione di Lamezia, finalmente il 23 ci chiamano per andare a fare i tamponi presso l’ospedale della città. Ci viene promessa una risposta telefonica entro 3-4 giorni da parte del dottore che esegue il test. Ma non ricevo alcuna telefonata.

Allora chiamo io il dottore ma non mi sa dare alcuna risposta.

Il 30 mando di nuovo un conoscente al Dipartimento di Prevenzione: la “bella” notizia è che sono spariti tutti i nostri dati relativi ai primi e agli ultimi tamponi.

Successivamente mi contatta la scuola dei bambini per domandarmi perché l’ASP non avesse comunicato all’Istituto alcun esito positivo.

Siamo rimasti esattamente 39 giorni chiusi in casa abbandonati dalle istituzioni locali: il sindaco è al corrente di tutto ma la questione “non è di sua competenza” benché il testo unico degli enti locali lo indichi come responsabile della salute pubblica. E naturalmente “tutto resta sotto controllo”.

Continua il teatro dell’assurdo: la scuola mi avvisa che se i bambini non frequentano le lezioni senza che vi sia un giustificato motivo potrebbero venire le forze dell’ordine a casa ed essere avvisati gli assistenti sociali. Inoltre la dirigente scolastica aggiunge che può essere la pediatra a prendersi la responsabilità di firmare un certificato che attesti l’assenza della malattia per permettere il rientro a scuola dei bambini. Ma la pediatra non può ovviamente emettere certificati senza validi referti medici.

Sono disperata. Giorno primo dicembre racimolo i soldi necessari e faccio eseguire i tamponi a pagamento. Quindi il 2 mi presento al Dipartimento, ormai ho poco controllo di me ed alzo la voce per difendere i miei diritti di cittadina e di mamma: come per magia sono riappaiono dai “meandri segreti” dell’ufficio tutti i risultati, sia quelli vecchi che i nuovi.

E intanto forse non è più vero che “il cielo è sempre più blu”.

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