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Lamezia. Presentato il libro di Antonio Cuda “Canta miarulu cà”

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Lamezia. Presentato il libro di Antonio Cuda “Canta miarulu cà”

Lamezia Terme, Chiostro Caffè Letterario di San Domenico, presentato il libro di Antonio Cuda “Canta miarulu cà” edito Da Officine editoriali Da Cleto

Una serata in amicizia, dove il dialetto nicastrese, è stato lo spunto per ridere, riflettere e comprendere quanto sia bella questa lingua dimenticata.

In un afflato mitico, le poesie di Antonio Cuda, attraversano il tempo e lo spazio, in sonorità d’inusitato ritmo e fluidità, di duttile musicalità cantante.

I versi di questa silloge, levigati e cristallini, trasformano il territorio calabrese di Nicastro in atemporale luogo cosmico.

L’incontro è stato moderato da Rita Giura, scrittrice, presenti l’editore Marco Marchese, Subhaga Gaetano Failla, anch’egli scrittore ed Albino Cuda, che si è occupato delle letture dell’opera, interpretandole in maniera davvero magistrale. Molto sentiti anche i saluti di Giacinto Gaetano, Direttore del Sistema Bibliotecario Lametino.

Ma chi è Antonio Cuda? Nato a Nicastro, ora Lamezia Terme, nel 1954, dove ha vissuto e studiato fino al conseguimento del diploma di maturità di ragioniere e perito commerciale, ha lavorato a Torino alle dipendenze delle Ferrovie dello Stato per circa vent’anni; successivamente, trasferito a Catanzaro, ha continuato a lavorare nella Pubblica Amministrazione. Da pochi anni in pensione, coltiva vari hobby come viaggiare, la fotografia, e scrivere poesie in dialetto calabrese. È sposato e ha due figlie.

Canta Miarulu ca’… è la sua prima pubblicazione.

Com’è nata questa opera, che già dai primi giorni dalla sua uscita ha esaurito la prima tiratura, facendolo assurgere a caso editoriale un libricino così piccolo ma ricolmo di musicalità poetica? Lo abbiamo chiesto all’autore, in una piacevolissima chiacchierata:
“Mi trovavo a mare con mia moglie, era una giornata di luglio, credo ci fosse poca gente. Ad un certo punto arrivano dei ragazzi, così con la macchina, fermano, scendono, si mettono là, stanno belli, uno con il cellulare, l’altro che è sdraiato, non avevanno voglia di muoversi, dico io. Ma guarda, proprio parlando in dialetto, vengono al mare e nemmeno si muovono! Prendo il borsello e cerco una penna che stranamente c’è. Quando la becchi non scrive quasi mai perché, con il con il sole, l’inchiostro incomincia a sciogliersi un pochettino. Mi manca un pezzo di carta, trovo uno scontrino fiscale, perché c’è uno scontrino fiscale! Ma pure sopra scontrino fiscale, avevo difficoltà, perché essendo in cassa termica e scivola e si fa un “tantinello” fatica. Però intanto m’era venuta voglia, non so, così pensi “alla marina, a’ domenica matina” è venuto tutto di getto, così io raccontato in un 10/15 minuti una ventina di versi in rima baciata e tutto d’istinto e senza averci pensato, solo calandomi nella realtà del tempo scrivendo così, naturalmente. Ma la cosa
ancora più bella è che ho scritto in dialetto e non in italiano, e mi sono detto, che succede? È come se qualcuno mi avesse suggerito proprio questo, a scrivere in dialetto!”

Non vogliamo togliervi il piacere di scoprire questo piccolo tesoro che è “Canta miarulu cà” di Antonio Cuda, edito da Officine Editoriali Da Cleto, disponibile online sul sito della casa editrice e presso l’edicola storica Cerminara su Corso Numistrano. Mentre saluto Antonio, mi viene in mente un pensiero di Libero Bovio: “I dialetti sono eterni. Gesù parlava in dialetto. Dante scriveva in dialetto. Il Padreterno, in cielo, parla in dialetto”.

Riccardo Cristiano

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