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Latino da estetista

3 min di lettura

Pronto soccorso cosmetico: manicure, massaggiatrice, masseuse, massoterapista, pedicure e visagista, magari con codice di gravità, secondo i propri script mentali.  
estetistaInsomma, anche la bellezza ha le sue specializzazioni ed i suoi specialisti: ed in questo, il debito è più antico di quanto si possa immaginare.
I Romani, ad esempio, avevano un debole per gli oli (hedysmata), gli unguenti (stymmata) e le pomate (diapasmata), la cui  semplicissima preparazione, peraltro, viene illustrata nell’affresco degli Amorini profumieri nella casa dei Vettii a Pompei (più elaborata, per converso, la formulazione di una crema ritrovata in una sepoltura risalente al 150 a. C. in Inghilterra: composta prevalentemente da amidi e grassi animali, contiene anche pigmenti come l’ossido di stagno sotto forma di cassiterite).
Alcune procedure di abbellimento erano  finanche adottate nelle tecniche di imbalsamazione: dall’utilizzo della farina di farro (mola) per sbiancare ed uniformare la pelle, deriverebbe il termine immolare.
Si riferisce altresì che al funerale di Poppea, Nerone abbia fatto bruciare, da cui il termine pro fumo, essenze profumate più di quante ne avrebbe potuto produrre il Medio-oriente in un anno.
Vediamo, adesso, un piccolo bijoux domestico, brevettato da Venus, la Vanità fatta dea, ancor prima della sua metamorfosi reificata in casa cosmetica:
Cutem in facie erugari, et tenerescere, et candorem custodire lacte asinino putant. Notumque est quasdam cottidie septingenties numero fovere.
Poppaea hoc Neronis principis instituit, balnearum quoque solia sic temperans, ob hoc asinarum gregibus eam comitantibus. Impetus pituitae in facie, butyro inlito tolluntur: efficacius cum cerussa. Sincero vero vitia quae serpunt, insuper imposita farina hordeacia. Ulcera in facie membrana e partu bovis madida.
Frivolum videatur, non tamen omittendum, propter desideria mulierum: talum candidi iuvenci, XL diebus noctibusque, donec resolvatur in liquorem decoctum, et illinitum linteolo, candorem, cutisque erugationem praestare.

(Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXVIII,12)

Trad.: Tiensi che il latte dell’asina levi le grinze del viso e faccia la pelle tenera e lucente; e truovasi come alcune donne ogni dì si fomentano con esso, tenendone le belle mandre di settecento, siccome fece Poppea moglie di Nerone imperatore, la quale ancora temperò la sedia nei bagni, menando seco per tale effetto i branchi dell’asine.
Il burro leva via la flemma del viso: fa meglio mescolandolo con biacca. Schietto leva i difetti che si distendono per lo viso, mettendovi pur sopra farina d’orzo.
Le bolle, e simili cose che nascono sul viso, si guariscono con quella membrana o pellicina o buccia, che rimane del parto della vacca.
E benché paia cosa debole a dirsi, nondimeno per piacere alle donne non lascerò di dire, come la decozione del tallone di un giovenco bianco fatta in quaranta giorni ed in altrettante notti, finché tutto il licore sia risoluto, e impiastrata in pannolino, mantiene il viso lucente e senza grinze.
Il fascino neolatino, alla luce di ciò,  parla latino, partendo proprio dall’aspetto (o greco, per esorcizzare lo sguardo pietrificante di Medusa!).Ora, c’è da dire che carattere e bellezza hanno proceduto per po’ di pari passo, prima di andarsene a rotoli.
Non parlo di adiposità localizzate su pancia e fianchi: per quelle  ci pensa nel cambio di stagione l’inesorabile prova costume, dopo la scorpacciata di panettoni, torroni, colombe ed uova di Pasqua, a cui nessuno osa dir di no, ci mancherebbe!
Mi riferisco piuttosto alla capacità di mantenere un giusto equilibrio tra le cose, e il buon senso, qui, non è tanto, purtroppo!

Un esteta in gamba ha una testa sulle spalle!

La dismorfofobia, spesso, è solo un fatto mentale!

Una capa tosta, invece, segue solo Chimere!

Prof. Francesco Polopoli

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