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Lost in… La regina degli scacchi: una delle migliori serie tv del momento

4 min di lettura

Distribuita su Netflix il 23 ottobre scorso e creata da Scott Frank e Allan Scott, La regina degli scacchi è certamente una delle serie tv più apprezzate del momento. Essa è ispirata a un romanzo di Walter Tevis del 1983 e narra la storia di Beth Harmon, bambina prodigio destinata a diventare una famosa campionessa di scacchi.

A interpretare questo ruolo è Anya Taylor-Joy, una giovane attrice che colpisce immediatamente per il suo talento. Saltano all’occhio inoltre i bellissimi costumi d’epoca indossati, i quali, naturalmente, rappresentano un semplice fattore aggiunto alla sua brillante performance, ma conferiscono quel pizzico di glamour in più a una serie che si impone anche come icona di stile retrò. I costumi quindi, le interpretazioni recitative, la regia, la sceneggiatura e l’evocativa fotografia soprattutto, rappresentano i punti di forza di una serie che presenta anche una storia ben strutturata e accattivante.

La storia si apre in un lussuoso hotel di Parigi, dove Beth, in preda a uno stato di alterazione legato ai postumi di una sbornia, ingoia degli ansiolitici, per poi correre e recarsi alla conferenza stampa di un decisivo torneo di scacchi. La serie quindi parte subito in medias res, per poi fare un balzo all’indietro fino all’infanzia della protagonista, cresciuta in un orfanotrofio del Kentucky.

La miniserie è composta da sette episodi i cui titoli fanno riferimento a termini scacchistici (apertura, cambio, pedone doppiato, mediogioco, forchetta, aggiornamento e finale). Essi raccontano le vicissitudini di Beth, a partire dai suoi otto anni fino ai ventidue, e si delinea progressivamente un vissuto difficile, una dura lotta contro una dipendenza da alcol e psicofarmaci che ha radici profonde. La ragazza, infatti, come già accennato, vive la sua infanzia in un orfanotrofio ed è proprio lì che inizia la sua dipendenza da quegli stessi sedativi somministrati ai bambini all’interno della struttura. In questo luogo ha origine perciò la sua sventura e al contempo la migliore delle sue fortune: l’incontro col signor Shaibel, il custode burbero, ma dal cuore tenero, che le fa scoprire e le insegna tutto ciò che c’è da sapere riguardo agli scacchi.

Da quel momento Beth inizia a covare in sé una viscerale fame di riscatto che si traduce in una serie di contrasti intimi una volta cresciuta: non solo il solito cliché di genio e sregolatezza, ma più intimamente senno e squilibrio, astuzia e ingenuità, emotività e competitività, carattere solitario e latente bisogno d’affetto. La protagonista del resto è ben lontana dal modello di brava ragazza e rappresenta di più una sorta di eroina ossessiva ed imperfetta, ma umana, e quindi vera. Dotata inoltre di un’intelligenza logica e pragmatica e munita di una compulsiva e testarda determinazione, riesce a guadagnarsi una propria indipendenza economica ed uno status sociale all’interno di un periodo storico come quello degli anni Sessanta, all’interno dunque di una società e persino di un contesto di gioco prettamente maschile a quel tempo.

E in quanto al gioco degli scacchi, esso è fatto di veri e propri riti, di regole rigide, di codici complessi, ma, di episodio in episodio, viene descritto in maniera così avvincente da incuriosire ed entusiasmare anche gli inesperti o semplicemente chi non ha mai giocato. La macchina da presa mostra da vicino ogni mossa, ogni tattico e rapido spostamento delle pedine, evocandole attraverso le scene dei tornei stessi, attraverso i flashback delle partite giocate durante l’infanzia e attraverso le suggestioni mentali di Beth che immagina e proietta la scacchiera sul soffitto della propria camera da letto prima di andare a dormire.

Lo spettatore allora si immedesima e si coinvolge emotivamente un po’ come se fosse esso stesso uno degli avversari e giocatori che la ragazza incontra nell’arco dei tornei. Chi guarda la serie parallelamente viene assorbito dalla psiche della protagonista e dalla sua smaniosa ossessione nei confronti del gioco. Quest’ultimo infatti assume un significato più grande: la giovane trova negli scacchi un universo facilmente controllabile, a differenza della vita spesso caratterizzata da eventi ingiusti, tristi ed imprevedibili.

Gli scacchi rappresentano allora una vera e propria dimensione che dà origine ad uno scontro e allo stesso tempo a un amore tra un’ex orfana senza prospettive e la sua scacchiera, riflettendosi nell’animo di quella che poi diventa una donna intrigante in grado di battere gli uomini, ma non i suoi demoni. Ci riuscirà col tempo facendo leva proprio sulla sua caparbietà, sul suo successo e su un’inedita apertura al mondo esterno fatto di amici ed affetti.

La regina degli scacchi veicola perciò un messaggio importante e questo rappresenta certamente un altro motivo per guardare questa serie, oltre all’evidente e ribadita piacevolezza della visione in sé.

Simona Barba Castagnaro

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