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Memoria e dignità, il disastro ferroviario della Fiumarella raccontato da Giovanni Petronio

3 min di lettura

Dopo il disastro

I ragazzi della Fiumarella di Giovanni Petronio, memoria di un disastro ferroviario e delle sue giovani vittime

SERRASTRETTA. Era un 23 dicembre di cinquantasette anni fa. Il 1961, dodici mesi di cambiamenti globali, un solo giorno per trasformare in via definitiva una comunità.

Il treno numero 922 della Calabro-Lucana partì dalla stazione di Soveria Mannelli alle 6:43, circa un’ora più tardi avrebbe dovuto fare il suo ingresso nella stazione centrale di Catanzaro.

Non vi arrivò mai.

Parliamo di memoria in un periodo storico in cui i ricordi vengono condivisi in modalità random senza che effettivamente veicolino un significato degno di rimanere ai posteri. Questo è un lato della medaglia, l’altro lato invece è quello dell’oblio colpevole: dimentichiamo con estrema facilità le ferite invertendo il percorso di crescita consapevole che dovrebbe innescare il ricordo del dolore, delle sconfitte.

Questo è lo scenario in cui s’inserisce I ragazzi della Fiumarella di Giovanni Petronio, un vero e proprio esercizio di memoria. Il libro nasce da una ricerca che si traduce in narrazione e racconta a noi lettori le vite e i volti nascosti dietro i nomi delle 71 vittime del più grande disastro ferroviario d’Italia: un’età media di 27 anni, uno stuolo di ragazzini che si recava a Catanzaro per l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie, lavoratrici e lavoratori che stringevano nei propri pugni la dignità del sacrificio, donne e uomini con in tasca i risparmi destinati ai semplici acquisti in vista del Natale.

Un Natale che per 71 di quegli ignari viaggiatori non è mai arrivato. Sono ancora in attesa, su quel viadotto sospeso a 50 metri sul torrente Fiumarella. In attesa che qualcuno mantenga in vita la fiamma della memoria. La memoria dei loro sogni, delle loro speranze. Di quel Natale che non hanno vissuto.

Il libro di Petronio è stato presentato ieri presso il palazzo Pingitore di Serrastretta dietro iniziativa della Biblioteca comunale “Luis Scalese”, rappresentata da Donato Parente che ha moderato l’incontro. All’evento, ricco di pathos, hanno preso parte i giornalisti Pasquale Allegro e Alessandro Cosentini, lo stesso autore Giovanni Petronio e il giovane Andrea Fiocco, studente di storia attento al valore della memoria. Particolarmente forti anche le testimonianze del sindaco di Serrastretta, Felice Molinaro, che ha ricordato le vittime serrastrettesi, e del parroco don Antonio Costantino, originario di Decollatura quindi vicino emotivamente alla tragedia. Molti gli interventi anche da parte del pubblico: in ogni famiglia c’è infatti una storia che racconta quella catastrofe.

Scuola e lavoro, su questa dicotomia si è soffermato Allegro ricordando le vittime del disastro e sottolineando come con la loro morte e, purtroppo, anche con il loro oblio, ad essere sepolti non sono solo i rispettivi corpi, ma anche le loro dignità. Bambini e ragazzi, “pensate a questo treno come a qualcosa che andava verso il futuro ma è stato bloccato”. La ricerca di Petronio “ci obbliga a ricordare con molta delicatezza. Questi ritratti sono tracciati come se fossero ancora vivi” e tra le sue pagine “raccoglie le grida di dolore di chi è rimasto e continua ad amarli”. Non distante è la testimonianza di Cosentini, che si sofferma sul contesto sociale. “Quel territorio veniva dal secondo dopoguerra. S’incamminava nel boom economico, c’era la dignità di voler portare il progresso in questa comunità”. I ragazzi che erano su quel treno appartenevano alla prima generazione di figli di contadini che potevano finalmente studiare.

“Non è possibile continuare a far finta di niente”, con queste parole ha esordito l’autore. “Il senso di giustizia sociale mi ha portato a ricostruire la storia di quelle vittime che volevano solo diventare degli uomini e delle donne. Con la loro morte la nostra comunità, soprattutto Decollatura che ha perso 31 giovani, ha perso qualcosa di fondamentale. Per tale ragione il nostro compito è quello di trasmettere quello che è stato”. Un lavoro di memoria, quindi. Memoria e ricerca. “Per me, infine, quelle persone sono diventate compagne di viaggio. Dietro quelle foto c’è una storia”.

71 storie che meritano di tornare a vivere. Per giustizia. E forse, come ha ribadito Allegro, “questo libro è necessario per comprendere la speranza”, oltreché la memoria.

Daniela Lucia

 

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