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«Non mi fido», il verbo della sanità lametina

2 min di lettura
Ospedale Lamezia Terme

C’è un verbo nel nostro vernacolo con più voci di significato: polisemico, diremmo, dal punto di vista tecnico

Nella fattispecie è «fhidari», cioè fidarsi («va’ fhidati d’a ggenti, va’!», prova a fidarti della gente!; «oji, un tti po’ fhidar’i nissunu!», oggi, non puoi fidarti di alcuno!).

Tuttavia, fermo restando il valore intransitivo dello stesso, curvato al figurato, però, assume una sfumatura diversa: aver forza, sentirsi in forma («un mmi fhidu mancu mu rascinu i pìadi!», non ho neanche la forza di muovere i piedi!).

Credo, senza tema di smentita, al di là dell’indiscutibile provenienza latina (da «fido», confidare), di trovarmi di fronte all’unico caso in Italia di uno slittamento semantico di parola, cosa che fa qualificare la nostra terra generatrice di un titolo aggiunto sul piano lessicale. Forse, ad aiutarci di più, almeno sul versante sociale, è una delle penne più prolifiche del Bruzio novecentesco:

[…] «E qui soccorre un’espressione tipica del calabrese: «Non mi fido» per significare «non ce la faccio», «non posso».

A questo punto l’impotenza a fare una certa cosa ci aggancia oscuramente alla coscienza di una servitù da portare. Egli non si fida perché questa è la sua natura. E la sua natura è questa perché tutta la natura umana è cosí: una forza contro l’altra in una guerra non dichiarata ma egualmente implacabile, anche se condotta col sorriso, con la «commedia», con la finzione dell’assoluto rispetto. Leonida Rèpaci» (da Calabria grande e amara, p.232).

Alla luce di tutto ciò cosa griderebbe oggi questa doppia espressione alla politica calabrese: di fronte ad una sanità, il cui collasso è agli occhi di tutti, ci si può fidare ancora dei nostri governanti?  Per quanti «non si fhidanu», fisicamente, intendo dire, il problema produce non poca fibrillazione: la salute del cittadino, istituzionalmente parlando, è una fiducia prioritaria. Occorre ricordarlo, perché è diritto, che non merita assolutamente il suo rovescio, questo no!

Prof. Francesco Polopoli

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