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L’origine del termine Cahardu – prima parte

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L'origine del termine Cahardu - prima parte

L'origine del termine Cahardu - prima parte

Uno dei due nuclei originari di una certa rilevanza storica e culturale nel nostro comune è quello di Cafaldo, detto in dialetto stretto Cahardu.

Antico rione sorto in prossimità del vecchio cenobio di S.Biagio, distinto dal rione Miraglia, dovrebbe risalire all’epoca basiliana/bizantina circa nell’ VIII/IX/X sec. cioè prima del mille, e affermatosi al più nei primissimi secoli posteriori con il predominio dei Normanni.

Il suo toponimo ad oggi rimane di incerto significato, anche se solo il Sesto lo annovera nel suo dizionario dialettale(1): “Cafhardu, s. pr. Cafaldo, uno dei rioni di Sambiase, detto così, secondo il Rolfs, perché trovasi in una zona dalla quale si diparte una strada che, ad un certo punto, si biforca.”

In tutte le opere rilevanti del Rohlfs, in nostro possesso, non ci è stato dato modo di riscontrare alcun riferimento esplicativo del nostro termine. Esiste solo riportato nel Dizionario Toponomastico(2) la voce Cafarda, che crediamo abbia tratto in inganno il nostro Sesto, in quanto in esplicitazione chiarisce “ctr. (bivio) nei pr. di Pentone a nord di Catanzaro”; e poi prosegue con un’altra “Cafarda, Ctr. nella zona di Amantea” e ancora continua  con “Cafardo cgn. in Sicilia e Caffard cgn. in Francia. Questa è l’unica volta nelle sue opere che il Rohlfs riporta il termine nella forma del maschile, cgn., cioè come “Cafardo”.

In particolare bisogna osservare che il Rohlfs non dice proprio che Cafarda individuerebbe il significato del termine come bivio, ma che in tale zona, detta Cafarda, esiste un bivio, dicasi pure che da questo “si diparte una strada che, ad un certo punto, si biforca”. Non immaginiamo proprio come il Sesto abbia potuto giungere alla sua spiegazione.

A prima vista il termine dovrebbe essere una sostantivazione dell’aggettivo Caharu, documentato sia nel Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria(3), sia nel Dizionario Toponomastico…(etc.)(4) nel significato, fra l’altro, di “ag. fracido, vuoto dentro” (di frutto), e ancora (in siciliano) “tarlato, cariato” e aggiunge dall’ arabo “hafir” (fosso, luogo scavato). Se ne potrebbe dedurre che il luogo in origine doveva presentarsi come particolarmente umido e caratterizzato da marciume, e potrebbe altresì aggiungersi una derivazione dall’arabo “hafir” come fosso o luogo scavato, dato che, dalla parte opposta del paese, è da sempre esistito la terrazza Anzaro, nome anch’esso derivante dall’arabo “anzar” <terrazza> ( cfr. anche l’origine  del nome Catanzaro).

Nel nostro dialetto lametino di prestiti dalla lingua araba, qualunque sia il nostro orientamento, se ne contano a diecine, dato il rapporto commerciale e culturale del nostro sito nei secoli con l’Oriente.

Ne elenca una carrellata lo stesso Sesto (5), salvo una dovuta attenta cernita. Bisogna pure riconoscere che dalla metà del sec. VIII iniziarono le prime scorrerie e infestazioni saracene, che s’intensificarono per tutto il X sec. fino al predominio dei Normanni e i due termini “anzar” e “hafir” nel nostro territorio ne sono una testimonianza.

Abbiamo cercato di valutare altre possibili soluzioni, ricorrendo al termine “Cafaruni” che è un accrescitivo del precedente “cafaru”, ma abbiamo trovato solo che in calabrese indicherebbe un <solco profondo> e ciò ci ha indotto a ricordare un verso di una commedia messa su dalla inventiva di Mons. Pasquale Caputo e allestita nella Rettoria di San Francesco nei lontani anni  1950 ( non sappiamo più precisare la data) in cui due persone forse per sfuggire ai bombardamenti nella notte, al buio, risalendo per la montagna andarono a finire < ntrampa ntrampa jiru a finiri ntra la cava di Donna Santa>.

Ciò a significare che da Cafardu in periferia, di erta in erta, si andava in una “cava”, tratto di via scavata dalle piogge.

Improduttivi, difficili di possibilità di soluzione, si sono presentate anche altre due ipotesi basate su derivazioni dal greco: la prima fondata sulla radice di  “Kacòs” <cattivo> da cui deriverebbe il termine “cachettico”(6) nel significato di <persona soggetta a deperimento organico>, termine ormai raro e obsoleto, che potrebbe richiamare in mente la contigua zona dello “Spitali”, zona che però dovrebbe risalire a non molti secoli fa; la seconda poi porrebbe come base “kofòs”(7),equivalente del lat. “Hebes – etis”, nel significato di < 1 ottuso, senza forma; 2 muto, tranquillo, insensibile; 3 sordo;   4 stupido; termine che equivarrebbe all’attico/ionico “Kefèn” da cui il dorico “Kafèn” a cui aggiungere da “ardeo” un suffisso  <ardo> per ottenere un termine indicante <l’alleggerimento di uno stato di debolezza, ottusità ecc.> Il risultato però pare troppo campato in aria.

Bisogna infine far memoria che Sambiase prende nome ed ha avuto origine dal monastero basiliano di S. Biagio e che tali monasteri già nell’alto Medio Evo avevano una funzione economica di capitale importanza per la scarsa popolazione. I contadini poveri, braccianti, “preferivano vivere all’ombra dei cenobi, di cui coltivavano le terre, perché negli abati feudatari trovavano protezione e sicurezza maggiore che non presso i signori feudatari.

Di qui i nuclei primitivi di quei borghi rurali, che poi si svilupparono e divennero comuni autonomi.( 8 )” Cahardu, quindi Sambiase, deve avere avuto origine proprio in questo modo: poveri contadini che per sopravvivere si erano posti sotto la protezione dell’egumeno di S. Biagio, lontano dallo strapotere dei feudatari laici che risiedevano alla Miraglia intorno alla chiesa di S. Sofia.

Benito La Scala


N O T E

  1. S.Sesto, La lingua dei padri.Dizionario Dialettale, Ed. Gigliotti, Lamezia Terme, 1997, p. 67
  2. G.Rohlfs, Dizionario Toponomastico ecc., Longo Ed., Ravenna, 1974, p.35
  3. G.Rohlfs, Nuovo Dizionario Dialettale…,Longo Ed., Ravenna, 1977, p. 115
  4. G.Rohlfs, Dizionario Toponomastico, op. cit.
  5. S.Sesto,L’Idioma Lametino, Temesa ed., Roma, 1994, pp.25/27
  6. Devoto-Oli, Dizionario della Lingua It., Le Monnier Ed., Firenze, p.274
  7. F.Montanari, Dizionario della Lingua Greca, Loescher Ed., Torino, ried.I996, p. 1155
  8. F.Russo, La Diocesi di Nicastro, C.A.M. Ed., Napoli, 1958, pp. 37/38

 

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