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Pitrusinu ogni minestra

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Pitrusinu ogni minestra

È una locuzione che parte, a mio avviso, dal menu delle nostre prelibatezze meridiane

In ambito culinario siamo tutti concordi nel dire che sia una tra le piante aromatiche più in uso dall’antichità, come rammenta la Scuola salernitana: «salvia, sal, vinum, piper, allia, petroselinum, ex is fit salsa, nisi sit commixtio falsa».

Tradotto sarebbe: «salvia, sale vino, pepe, aglio e prezzemolo, fanno un ottimo condimento se non ci si mette altro».

Tuttavia essere “prezzemolo d’ogni minestra” qualifica persone invadenti da sindrome del ficcanaso, molto verosimilmente per quella caratteristica del Petroselinum sativum, che è adatto alla stragrande maggioranza dei piatti da ricettario.

La bontà della pianta, comunque, era ben nota anche nel 1600, epoca in cui Giambattista Basile nel libro Lo cunto de li cunti riportò la storia di Petrosinella. Questa fiaba, circa due secoli dopo la pubblicazione, venne ritrascritta dai fratelli Grimm che sostituirono il gambo dell’erbetta col raperonzolo, un vero e proprio plagio, insomma: proprio in gamba, vero!?

Ora, ritornando a noi, c’è un’ubiquità mondana da spavento, che non fa fatica a tradursi in spocchia. Quest’allure francesista non è the quality of being attractive, interesting, or exciting, tutt’altro!  Si rischia di diventare odiosi (prob. dal provenz. enojos, che è il lat. tardo inodiosus, der. di odium «odio»), anche all’interno delle proprie mura cittadine e la cosa più goffa è che ci si estrania dalla realtà fino a perdere l’ultimo pizzico di lucidità rimasto.

Il web, nel chiudere, non è un surrogato delle relazioni, né tantomeno il drone è l’albatros di Baudelaire: forse è il caso di rileggersi il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, per capire quanto l’essenziale si componga di carne e non solo d’etere, sennò diventiamo marziani.

Prof. Francesco Polopoli

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