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Precisazioni gruppo medici di base di Lamezia Terme

2 min di lettura

Un gruppo di medici di base di Lamezia Terme avverte l’esigenza di spiegare ai cittadini il proprio disagio in merito alla produzione di certificati che attestano la guarigione da Covid-19 e il green pass, per degli aspetti che prescindono dalle loro competenze

Comunicato Stampa

Cosa sta accadendo?

Si sta verificando la mancanza di tracciabilità dei positivi da Covid-19 poichè i pazienti, per fare i tamponi, si sono rivolti, in buona fede, a strutture non abilitate e a parafarmacie che non sono autorizzate (il che significa che un’eventuale positività non viene segnalata alla piattaforma).

Ciò avviene poichè l’Ufficio d’Igiene non ha potuto far fronte all’enorme richiesta di tamponi molecolari inviata dai medici tramite PEC e si sono quindi rivolti (i pazienti) a strutture private non abilitate e a parafarmacie non autorizzate e al “faidate” a casa. Così facendo le positività non sono state inviate alla piattaforma per cui i pazienti si ritrovano con tamponi negativi senza una precedente positività. Siccome per generare il certificato di guarigione bisogna inserire il primo dato di positività ufficiale che non c’è, non si può generare il certificato di guarigione.

Di questo sono stati investiti i medici di base che si trovano adesso nell’impossibilità di produrre i certificati di guarigione per la mancanza del primo dato di positività sulla piattaforma.

Ciò detto è evidente come la mancanza di tracciabilità metta in pericolo la sicurezza pubblica e ciò fa presupporre che i dati forniti dai bollettini quotidiani in realtà siano in misura maggiore di quelli reali.

I medici di base si sentono lasciati soli da sindacati ed istituzioni e non sanno come affrontare questa situazione. Se a volte capita che non producono una certificazione non è per mancanza di volontà ma a causa delle incongruenze del sistema.

Come trovare una soluzione?
I medici di base di Lamezia chiedono di avere pazienza poichè la soluzione deve venire dalle istituzioni.

Il nostro rischio – dicono – è quello della responsabilità professionale e responsabilità di sanità pubblica, perché può accadere che una nostra certificazione falsifica la realtà e di conseguenza è messa a rischio la salute degli altri. Inoltre una nostra certificazione può fare saltare la data della vaccinazione perché certificare una guarigione significa che devono passare quattro mesi dalla prossima dose.
Ci chiediamo a chi dobbiamo rivolgerci: alla prefettura, al sindaco, all’ordine dei medici? Siamo finiti nel collo dell’imbuto perché inconsapevolmente potremmo commettere un illecito.
La nostra non vuole essere una critica, il nostro intento è quello di avvisare i cittadini dello stato attuale delle cose”.

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