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Rinascita Scott, Gratteri e le tv nazionali: e i calabresi da che parte stanno?

3 min di lettura

Rai 3 celebra Rinascita-Scott,  il maxi processo alla ‘ndrangheta nato dall’inchiesta condotta dalla procura antimafia di Catanzaro contro le potenti cosche del vibonese. 

“Una questione di democrazia e libertà che riguarda tutti”. Il processo Rinascita-Scott rompe finalmente il silenzio mediatico e Riccardo Iacona a Presa Diretta (in prima serata su Rai 3) racconta il primo maxi processo alla ‘ndrangheta della storia.

Un’operazione enorme che sta smuovendo le consorterie criminali calabresi facendo tremare anche i palazzi di giustizia e gli apparati della pubblica amministrazione, sotto la guida del Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri attualmente candidato per il “WIN WIN Gothenburg Sustainability Award”, il Premio Nobel della Sostenibilità per la lotta contro la corruzione.

L’inchiesta, partita nel 2019 da Limbadi sulle tracce del boss Luigi Mancuso (“l’uomo sul tetto del mondo”), ha disarticolato tre ‘ndrine nella sola provincia di Vibo Valentia, “un esercito di ‘ndranghetisti che aveva mangiato la città, lasciando una lunga scia di sangue” con oltre 80 casi di lupara bianca.

Quattro anni di intercettazioni, 30 faldoni e più di 3000 uomini impegnati sono valsi alla Dda di Catanzaro l’arresto, con un unico provvedimento, di 334 persone.

E ancora: 400 capi d’accusa, 913 testimoni, 58 pentiti, 5 testimoni di giustizia.

Sono solo alcuni dei numeri del processo che si sta svolgendo in un’aula bunker di 2300 metri quadri costruita ad hoc a Lamezia Terme.

Gratteri ha messo le mani sulla zona grigia, sui colletti bianchi e la politica collusa, sui banchieri corrotti, sulla massoneria deviata, grazie a cui la ‘ndrangheta ha compiuto quel salto di qualità che le ha permesso di entrare nella “stanza dei bottoni” e controllare la vita economica del territorio decidendone le sorti.

E sono i professionisti, piegati al volere criminale, anche al centro dell’inchiesta di Rai 3. È il caso di Giancarlo Pittelli, principe del foro calabrese, eletto per tre volte parlamentare con Forza Italia, accusato di “aver fatto di tutto per aiutare i Mancuso e soprattutto il boss, interlocutore di Cosa Nostra e di Totò Riina al tempo in cui questi attuò la strategia stragista nei confronti dello Stato”.

“I mafiosi sapevano quello che succedeva in Procura – ha rivelato Gratteri – Luigi Mancuso conosceva il giorno e l’orario del suo arresto, poi anticipato di un giorno, a dimostrazione dei contatti del clan con la Pubblica Amministrazione”.

Il processo, che finalmente ha ammesso le riprese e la loro diffusione dopo la lettura delle sentenze, rivela una Calabria completamente soggiogata, sottoposta al potere di pochi e sprovvista di mezzi per reagire.

“Su 224 parti offese, meno di 30 si sono costituite parte civile”.

Ora che i riflettori di Rai 3 si sono spenti, l’inchiesta tornerà nell’ombra dell’informazione pubblica nazionale e in fondo alla lista della politica e forse anche dei pensieri di molti calabresi?

Come mai Gratteri continua a essere messo in dubbio e a generare polemiche? Che interesse ha il potere a relazionarsi con la mafia?

E la società civile?

Servirebbero più attenzione da parte di tutti e prese di posizioni nette e coerenti. I calabresi da che parte stanno?

Maria Francesca Gentile

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