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THE WAR – IL PIANETA DELLE SCIMMIE di Matt Reeves

2 min di lettura

The War

Dopo l’epidemia del virus che ha reso i primati super-intelligenti (nel primo capitolo, Dawn Of The Planet Of The Apes), e dopo l’esplosione della guerra con gli uomini anche a causa del vecchio leader sanguinario delle scimmie Koba (nel seguito, Rise Of The Planet…), ora giustamente rimpiazzato dal più ponderato Cesare, arriva il momento della resa dei conti: lo scontro fra razze raggiunge il suo apice, e come in ogni trilogia che si rispetti si riallacciano le trame e si ricompongono i pezzi di quanto raccontato. Ma ciò che più stupisce, in questo nuovo capitolo di una saga nata dal romanzo di Boulle e che sembra non conoscere stanca, è la maniera, mirabile e intelligente, in cui tutto questo viene fatto: The War of The Planet of the Apes incastra alla perfezione i segmenti narrativi e intanto si confeziona come un pregevole film postmodernista, per il modo in cui riesce a rivendicare la sua natura smaccatamente citazionista che sottilmente va ben oltre ammiccamenti a B-movie e il genere riletto da Tarantino.
Reeves è un (non)autore e scrive sui muri il suo debito, risolvendolo e passando oltre: “Ape-ocalypse Now”, quindi, nel tunnel, con un Woody Harrelson più kurtziano del colonello Kurtz, e poi il western, il prison-movie, il ritratto psicologico, tutti verso un affresco ambizioso e riuscito dove non mancano neanche le strizzatine d’occhio alla saga originale, il figlio di Cesare che prende il nome di Cornelius -come la scimmia protagonista nel primo film del 1968- o la ragazzina muta chiamata Nova proprio come la donna salvata da Charlton Heston sempre nel film di Schaffner.

The War 

Le oltre due ore e mezza di spettacolo scorrono veloci e fanno dimenticare le incertezze del capitolo precedente, riprendendo quanto di buono la nuova saga ha innestato nella storia delle scimmie raccontando una storia che parte dall’ecologia per riuscire a catturare l’essenza dell’eroismo.

Tutto volto a far sembrare il magma ribollente di otto film e due saghe -distinte ma unite- un unicuum narrativo compatto e compattato, narrativamente coerente anche dove non lo è; e tutto mentre a recitare è Andy Serkis con il suo esercito combinato di blue screen e computer grafica, regalando ai primate espressioni ed emozioni di primissimo piano.

GianLorenzo Franzì

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