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Lo spettacolo Toghe Rosso Sangue al Teatro Grandinetti

3 min di lettura

Un tributo a ventisette giudici, morti nell’adempimento del proprio dovere, ha dominato lo spettacolo Toghe Rosso Sangue andato in scena al teatro Grandinetti e organizzato dalla Compagnia teatrale “I Vacantusi” di Lamezia e Strade Perdute di Gianlorenzo Franzì in collaborazione con l’Associazione Nazionale Magistrati, l’Associazione Italiana Giovani Avvocati, Lions e la partecipazione dell’Ordine degli avvocati di Lamezia Terme.  
Toghe Rosso SangueSul palco le voci di quattro bravissimi attori, Francesco Polizzi, Emanuela Valiante, Diego Migeni, Sebastiano Gavasso, incorniciate da una scenografia essenziale, sono riuscite a creare un’atmosfera sospesa tra realismo e noir e a raccontare, quasi in silenzio, la tragica fine di 27 giudici caduti per mano della mafia, della ‘ndrangheta, del terrorismo rosso o di quello nero o addirittura per mano di tristi individui  noti o non noti.
Tra i caduti il lametino Francesco Ferlaino, ucciso il 3 luglio 1975 a Lamezia Terme dalla ’ndrangheta.
È una storia triste, drammatica, cupa, scritta dall’avvocato Giacomo Carbone e ispirata al libro di Paride Leporace, dall’omonimo titolo, volta a cancellare dall’oblìo e dalla memoria collettiva il passaggio su questa terra di magistrati, periti di morte violenta, in nome della giustizia.
Una storia che abbraccia un arco di tempo di 25 anni, compreso tra il 1969 e il 1994, e che il progetto Toghe Rosso Sangue tenta di conservare viva nella memoria specie delle nuove generazioni e di coloro che ne furono testimoni.
Infatti molte vittime, colpevoli di servire lo Stato, hanno subito quasi una cancellazione del loro impegno dalla storia della Repubblica Italiana nonostante  il temporaneo clamore suscitato dagli errori giudiziari verso il singolo cittadino ai processi approssimativi dei Nuclei Armati Rivoluzionari, dal Padrino di Coppola e Brando alla Magliana di Placido e Scamarcio, alle stragi di Via Amelio, alle vendette delle ‘ndrine  per le strade di Torino, alla dichiarazione di scomparso di Paolo Adinolfi.
Il racconto di questa cruda realtà si è talvolta rarefatto sul palco impregnandosi di fantasia come nell’apparizione del fantasma di Adinolfi che parla della sua fine misteriosa e mai veramnte indagata a fondo rammaricandosi di essere sparito dalla faccia della terra senza lasciare traccia.
In platea un religioso silenzio ha attestato il rispetto degli spettatori per la rappresentazione  di un pezzo della nostra storia poco edificante e l’apprezzamento della performance degli attori che hanno incarnato i vari personaggi senza scadere mai nella spettacolarizzazione mantenendo alti e costanti i ritmi e i tempi della pièce e senza mai far trapelare condanne e valutazioni politiche.
Alla fine dello spettacolo, per la regia di Francesco Marino, sono saliti sul palco il giudice Giovanni Garofalo, l’avvocato Antonello Bevilacqua, l’avvocato Giacomo Carbone, il sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascaro che, sollecitati dal critico cinematografico Gianlorenzo Franzì, hanno espresso una loro opinione sulla vicenda dei giudici assassinati.
In modo particolare il sindaco Paolo Mascaro ha bacchettato i cittadini lametini che non hanno risposto, con la loro presenza, ad uno spettacolo mirato a fare conoscere una parte della nostra storia italiana degli ultimi 25 anni, spesso, messa in ombra, e di alto spessore morale.

Lina Latelli Nucifero

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