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Turino (Calabria Sociale): Alitalia, drammatica farsa finale

3 min di lettura

“Un insulto alla storia del volo nazionale e internazionale che l’Alitalia ha sempre portato avanti anche nei momenti peggiori” afferma, in una nota, Gianfranco Turino

ALITALIA!!! Siamo arrivati alla drammatica farsa finale, con un governo imbelle, incapace e incompetente, che tace sulle manovre per cedere, al miglior offerente o peggiore secondo i casi, pezzi della nostra compagnia di bandiera e il suo marchio.

Un insulto alla storia del volo nazionale e internazionale che l’Alitalia ha sempre portato avanti anche nei momenti peggiori, non più in un regime di monopolio, ma con un pluralismo concorrenziale, che avrebbe dovuto poggiare le sue fondamenta sull’offerta servizi e non sulla riduzione prezzi come, al contrario, è avvenuto da parte di alcune società, sovvenzionate dalle regioni.

Abbiamo regalato quasi tutte le nostre industrie a marche straniere che le gestiscono come fossero totalmente una proprietà creata e non acquisita per carenze economiche; abbiamo sperato che, almeno nel comparto volo, la nostra presenza restasse integra e italiana, invece con il mal vezzo di nominare un commissario (da uno a tre personaggi super pagati) o di accettare partner inutili (come l’ETIHAD) capaci solo di ingoiare dividendi senza altre novità sullo sviluppo e sulle garanzie di proseguimento del marchio AZ, abbiamo lasciato  che l’erosione andasse oltre ogni  limite.

Se poi facciamo un passo indietro troviamo l’azione berlusconiana con cui riuscì, attraverso il suo primo governo, a decretare la fusione con l’Airone, società in tremendo disavanzo finanziario i cui debiti finirono ad aggravare il già pesante passivo della compagnia di bandiera. Venne fuori, da un cilindro  particolare, una successione di nomi, CAI (compagnia aerea italiana) LAI (Linee aree italiane) e per finire Alitalia Airport service SpA di quest’ultima non si hanno tracce. Dov’era in quel momento il governo? Cosa faceva il ministro dei trasporti oltre a pontificare che bisognava chiudere completamente.?

È facile parlare, disegnare evoluzioni cercando una araba fenice che facesse risorgere, dalle ceneri, quello che non c’era più.

L’unica cosa con cui la politica nostrana si riempiva la bocca e la mente era spingere verso la Lufthansa, forse, nessuno ricorda il sistema di questa compagnia per emissione biglietti, prenotazioni e concessioni a dipendenti e pensionati, myIDTravel, con un costo, come tassa, di 5,00 euro per ogni tratta (10 euro per andata e ritorno). Soldi regalati, che vengono incassati senza sforzo, gettati dalla finestra per ingrassare la compagnia tedesca.

Il presidente Draghi, con tutto il rispetto che posso avere per un economista della sua portata, ha imboccato una strada ad ostacoli, con il clamoroso errore di affermare che l’Alitalia è una famiglia troppo costosa, senza, per altro, guardare effettivamente questi costi da cosa sono derivanti, tra l’altro dagli ultimi commissari e dalle laute e corpose liquidazioni, non certo dalla famiglia dei dipendenti i cui stipendi sono regolati dal contratto nazionale di lavoro (CCNL), riscontrabile immediatamente e facilmente tassabile.

Allora egregio presidente del Consiglio, vogliono buttare fuori l’ultimo marchio italiano, la sua storia, il suo passato e la sua presa sull’Utenza, il suo personale formato da veri professionisti? Si vuole annullare un passivo sempre più rosso, ma non certo smembrando la compagnia a spizzichi e bocconi.

Si può creare lo spazio per riprendere quota, chiedendo ai lavoratori un intervento sociale come compartecipazione alla gestione e al rilancio della stessa, azione che non dovrebbe scandalizzare nessuno, salvo accampare idee vecchie e remore antiche su tempi andati di un certo periodo, che nessuno vuole ricordare.

Eliminiamo la presa per i fondelli del myIDTravel cominciando a risparmiare anche su quel tipo di costi.

Rimbocchiamoci le maniche, guardiamo in noi stessi e tiriamo fuori attributi e volontà a tenerci stretta la nostra compagnia di bandiera.

Ma, in particolare, affidare la società ad un dipendente della compagnia, che conosca meriti e difetti e che la senta sua e non degli altri, i cosiddetti freddi geni dell’inutilità.

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