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A Lamezia il Premio Oscar Jean Jacques Annaud e illustri nomi del cinema italiano

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Conclusione con un parterre di illustri talenti per l’edizione 2019 del Lamezia International Festival.

Presso il chiostro di San Domenico, si sono alternati in talk moderati dal patron e direttore artistico della manifestazione Gianlorenzo Franzì il grande regista, sceneggiatore e produttore cinematografico francese Jean-Jacques Annaud autore di innumerevoli capolavori da “La Guerra del Fuoco”, “L’Orso”, “Il Nome Della Rosa” sino al recente “L’Ultimo Lupo”, il trio di autori dietro in monicker “Le Coliche” fenomeno social italiano, il regista e sceneggiatore teatrale e cinematografico Mario Martone accompagnato dalla collaboratrice sceneggiatrice Ippolita di Majo con la quale ha instaurato nel tempo un proficuo sodalizio artistico e, infine, l’icona del cinema nostrano Isabella Ferrari.

Salvatore Bullotta, responsabile amministrativo assessorato alla cultura della Regione Calabria, primo a intervenire ha ribadito l’impegno della Regione nel sostegno del LIFF (vincitore di fondi PAC all’interno del triennio 2017-2020 inserito nel progetto “Vacantiandu”) dichiarando: “Sono molto piacevolmente sorpreso, penso che siamo tra alcuni fortunatissimi calabresi che hanno la possibilità di accostarsi a dei maestri del cinema. Fate a Lamezia qualcosa di straordinario che è destinato a crescere; qui forse non abbiamo numeri colossali rispetto ad altre manifestazioni di settore ma la qualità è incredibilmente superiore. Non solo da funzionario pubblico ma da calabrese voglio dirvi grazie perché qualificate incredibilmente la proposta culturale della nostra regione”.

Mons. Giuseppe Schillaci vescovo di Lamezia Terme ha successivamente premiato Annaud che a tale proposito ha ricordato le difficoltà iniziali avute nella realizzazione de “Il Nome Della Rosa”: “Il libro non godette di molto successo in Vaticano; ebbi molta difficoltà nell’aver accesso alle chiese e per lungo tempo non potetti girare nelle catacombe del Vaticano”. Sulla linea di interessanti aneddoti si è passati a discutere intorno a “L’Ultimo Lupo”, oggetto di proiezione all’interno del festival lametino. “Wolf Totem” primo libro a parlare del disastro ecologico a firma Cina Jiang Rong, venne proposto all’autore francese che ne accolse da subito le istanze realizzandone l’adattamento che in patria ebbe un sensazionale successo con 21 milioni di spettatori alla prima giornata di proiezione: “Ho potuto godere di una libertà artistica mai avuta in altri Paesi nei quali mi sono trovato a girare – ha dichiarato Annaud – I produttori hanno insistito sul fatto che il pubblico cinese avrebbe creduto a ciò che avrei raccontato filmicamente, insistendo sulla necessità che io seguissi il mio cuore, dandomi totale libertà artistica al fine di sensibilizzare la collettività e indirizzarla verso un radicale cambio di modello economico volto all’ecosostenibilità. Amo molto il nostro Pianeta e credo debba essere salvato”.

A seguire gli interventi dei fratelli Fabrizio e Claudio Colica insieme a Giacomo Spaconi creativi che sotto il nome artistico “Le Coliche” rappresentano una delle realtà web italiane più di successo: “Il nostro lavoro consiste nel trasformare quello che succede oggi in un contenuto dopodomani. Come possiamo rendere comica questa cosa? Come può essere girata, fruita in due giorni da milioni di spettatori? Cambia il medium non è più il cinema, non è più la TV è anche altro. Ciò non vuol dire che noi andiamo a sovrapporci ad altro è una nuova strada”.

Interessante quanto profondo l’intervento di Martone sulla sua produzione e sull’atto politico del fare cinema: “Viaggi nel passato che parlassero al presente, interrogare il nostro presente andando all’origine, facendo un viaggio nel tempo. Andare indietro nel tempo per parlare di noi. Il cinema non è mai politico quando si mette in cattedra per lanciare messaggi, è l’azione stessa, la scelta del tema come viene trattato e rivolto al pubblico ad essere politico. Nel momento in cui pensi che il pubblico non sia in grado di accogliere un film, sottovalutare il pubblico è una forma politica repressiva che non da la possibilità all’apertura di cui ogni mente deve godere. Ovunque ci sia confronto c’è vita e pensare al film come qualcosa che dia vita a una relazione, questa è la potenzialità politica di tale medium nella sua migliore e più proficua accezione”.

In conclusione, Isabella Ferrari ha parlato della sua carriera dagli esordi con i fratelli Vanzina in “Sapore Di Mare” sino alla terza stagione della serie Netflix “Baby” attualmente in lavorazione: “Ogni volta rendere un personaggio reale è un salto nel vuoto e per me c’è sempre moltissimo pudore nel dire come si sia arrivati ad interpretare quel determinato personaggio. Io non so, penso che sia sempre qualcosa che mi porto dietro, a volte ferite, di cui ho molto pudore nel parlarne”.

Testo e foto/ text & photos: © Francesco Lucia (tutti i diritti riservati / all rights reserved).

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