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Calabria letteraria

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Se prendessimo maggiore consapevolezza delle letterature, potremmo riscoprire la bellezza di una terra straordinaria, che è la nostra, appunto! Basta una lettura pascoliana per averne argomentazioni mitologiche: ergo la Calabria è mitica!

“Questo mare è pieno di voci e questo cielo è pieno di visioni. Ululano ancora le Nereidi obliate in questo mare, e in questo cielo spesso ondeggiano pensili le città morte. Questo è un luogo sacro, dove le onde greche vengono a cercare le latine; e qui si fondono formando nella serenità del mattino un immenso bagno di purissimi metalli scintillanti nel liquefarsi, e qui si adagiano rendendo, tra i vapori della sera, immagine di grandi porpore cangianti di tutte le sfumature delle conchiglie. È un luogo sacro questo”.

È questa la descrizione di G. Pascoli, mentre si raccoglie intorno al lungomare di Reggio Calabria: lui, comunque, lì c’è stato, laddove su D’Annunzio una vexata quaestio ci impedisce di dire altrettanto.

Che dire poi di Andersen, l’autore della famosissima Sirenetta, adottata dalla Disney!? Beh, lo Stivale è stato meta di non pochi suoi pellegrinaggi tra il 1845 ed il 1861.

Ed è proprio dallo Stretto di Messina che gli è capitato di scrutare le due terre consorelle: lo stile, quello di favoleggiatore, era prevedibile!

«La costa rocciosa della Calabria aveva uno straordinario aspetto verde e rossobruno: sembravano blocchi di lava coperti di muschio. I monti della Sicilia somigliavano invece a gigantesche bolle pietrificate; si sarebbe detto che l’isola fosse emersa ribollendo dall’ abisso e improvvisamente si fosse pietrificata. Pesanti nubi incombevano sulle montagne come se fossero il vapore di questa ebollizione: l’Etna non si vedeva!»

Non mi fermo qui. Persino nel messinese si è fatto catturare dai racconti bruzi di un giovane parigino, abboccando all’amo delle più belle narrazioni: «Ci sono delle belle donne. Sono Scilla e Cariddi, che non nuotano più nel mare, ma che siedono sotto le viti, e catturano con i loro neri occhi fiammeggianti, le belle membra e il sorriso benedetto!».

Insomma, a chiuderla con lo scrittore danese, quelle lì sono donne «ardenti come l’Etna» e «leggere come la fata Morgana», capaci di tirarci su con l’amo e per il verso giusto: amo, che oltre all’esca, è anche il verbo dell’amore. Insomma, tra l’insostenibile leggerezza dell’essere e la potenzialità vulcanica di un buon futuro si pone questa piccola nostra Cenerentola del Sud, che attende da tutti noi quel finale sperato, che è di ogni fiaba del focolare.  In che modo? ‹‹Felici e contenti›› di appartenerle ed amandola decisamente di più.

Prof. Francesco Polopoli

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