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Corto di Muccino “Calabria Terra Mia”. Non buona la prima

2 min di lettura

Il cortometraggio di Gabriele Muccino presentato al Festival del Cinema di Roma non soddisfa per niente i calabresi

Pavimenti musivi, terme, colonne e templi, colonie della Magna Grecia, affreschi bizantini, chiese e abbazie, torri costiere e castelli, palazzi nobiliari, decorazioni, volute e capitelli, paesaggi pre-silani e silani, cascate e isole, sono solo alcune delle categorie neanche minimamente accennate nel cortometraggio “Calabria Terra Mia” che ormai da qualche ora è stato lanciato sul web.

Il clima che si è andato via via diffondendo tra i tanti calabresi che lo hanno visionato è un clima cupo e triste: i più non si rivedono in una terra così stereotipata, specchio di epoche fortunatamente passate.

Andiamo, però, con ordine: per la produzione del corto sono stati impiegati 1,7 milioni di euro con un cast composto da Raul Bova e dalla compagna Rocio Munoz Moralez, più qualche comparsa tra cui anche il buon vecchio asinello che sta sempre bene con tutto, soprattutto nel caso in cui ci sia da mettere in scena la quotidianità di chi vive in una terra abbandonata da Dio.

Sì, perché è questa l’impressione che ne è scaturita: una Calabria da post-guerra, fatta di personaggi abbigliati alla meno peggio e dai nomi mitologici, che vivono in borghetti dismessi e bivaccano alle osterie di paese dai tovagliati a quadri rossi.

Nessun cenno alla storia della Calabria, a quella terra che ha dato il nome alla nostra penisola, ma solo belvederi su mari luminescenti e un uso colorito, per così dire, dell’italiano già dalle prime battute.

Poco più di cinque minuti, otto contando i titoli di coda, di una visione superata della Calabria e che di certo non aiuta a liberarsi da alcuni preconcetti. Chiunque abbia visitato a cuor aperto la nostra terra ne è pienamente consapevole. Riproviamoci, magari sarà buona la seconda.

Felicia Villella

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