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Lamezia. Isabella: Generale Vannacci, si fermi qui!

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Europee: Vannacci, sto ancora valutando se candidarmi

Negli ultimi giorni il Generale Vannacci, ha esternato delle dichiarazioni che hanno sollevato un pò di polemiche. Di seguito un lettera aperta di Fiore Isabella, docente di sostegno della Scuola Primaria e autore del racconto autobiografico “La scuola secondo Mattia”

Signor Generale Vannacci, da maestro di scuola Primaria (un tempo Elementare) in quiescenza da alcuni anni, mi permetto di darLe, visto che potrei, e non solo anagraficamente, essere Suo padre, qualche pedagogico consiglio.

Premetto che non è, a mio sindacabile giudizio,  esclusiva responsabilità del Suo libro “Il mondo al contrario” se si sta attirando attenzioni particolarmente critiche sulle Sue legittime, anche se parecchio avventate, dissertazioni pedagogiche.

Temo che le suddette attenzioni critiche siano, piuttosto, figlie della logica, abilmente sperimentata sul tema dei migranti attraverso lo slogan Salviniano “Prima noi e dopo gli altri”;  logica che affonda le radici in una narrazione che larga parte del partito della Lega, che Le ha aperto le porte per l’Europa, ha nel proprio DNA.

Prova ne è l’intervento a gamba tesa congiunta del vice primo ministro Salvini e del ministro  del merito Valditara sull’autonomia della scuola di Pioltello il cui Consiglio d’istituto aveva deliberato, legittimamente, la chiusura (solo per un giorno) della scuola per la fine del Ramadan. 

Mi scusi, Generale, se ho omesso parte della denominazione integrale (istruzione) del ministero  di Valditara, ma l’ho fatto volutamente per separare il frammento valutativo dell’esperienza scolastica (merito) da quello formativo che, per sua natura, investe, e non potrebbe essere altrimenti, una componente dinamica del processo educativo. Ed in questa pregiudiziale dicotomia Lei è caduto, penso, per l’attitudine, largamente giustificata dall’alto grado militare, ad includere anche la scuola in una logica gerarchica che separa i fanti abili e arruolati da quelli inabili e riformati. 

Detto questo, chi Le scrive ha lavorato in classi con bambini portatori di disabilità confortato da una legislazione italiana sull’integrazione scolastica e sociale all’avanguardia in Europa e nel Mondo. Telegraficamente, generale, Le ricordo la Legge 118 del 1971 emanata quando Lei, con addosso il grembiulino ed in mano il classico panierino, entrava per la prima volta in una sezione di scuola materna.

Una legge che disponeva che l’istruzione dei disabili nella fascia dell’obbligo avvenisse nelle classi normali della scuola pubblica. Norma avvalorata nel tempo dalle leggi 517 /77 e  104/92 che hanno reso prescrittivi dei valori socio-educativi che, in passato, con le classi differenziali che Lei consapevolente propugna, erano totalmente ignorati.

“Mettere insieme le persone con prestazioni simili” Lei afferma, trascurando completamente gli obiettivi formativi  della nostra scuola incentrati sul concetto della diversità dei talenti come risorsa interattiva e non come limite o problema. La creazione di ambienti monocordi e autoritari, infatti, porta in tutt’altra direzione.

Nè convince la Sua estemporanea, nonché retorica, concessione  “Gli puoi far fare una lezione insieme, per spirito di appartenenza, ma poi ha bisogno di un aiuto specifico” .

Lei dovrebbe studiare con maggiore scrupolo, prima di esternare su tematiche che non Le sono particolamente familiari, soprattutto adesso che si è proposto per un seggio al Parlamento europeo. Lei dovrebbe sapere che le figure dei docenti specialisti e dei docenti curricolari si integrano nel processo di inclusione scolastica degli alunni in difficoltà con uguali responsabilità; ragion per cui l’alunno portatore di disabilità appartiene all’intero gruppo docente e non è di pertinenza esclusiva dell’insegnante di sostegno.

Non è per niente trascurabile tutto questo, in quanto la presenza di ogni alunno, a prescindere dal proprio stile e ritmo di apprendimento, richiede un ambiente formativo inclusivo e non spazi di separazione tra  coloro che ce la fanno  e chi  fa più fatica a farcela.

Come diceva Don Lorenzo Milani non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra disuguali. Ciò significa che nella scuola di tutti, attraverso percorsi cognitivi diversi e in un contesti educativi plurimi, è indispensabile, e non solo utile, aspettare che il compagno più lento termini il compito e, per l’alunno più lento, è più stimolante avere accanto compagni più veloci, disponibili ad aspettarlo e a farsene carico.

L’educazione alla condivisione è un presupposto pedagogico  fondamentale per formare alla convivenza civile e democratica.  

Come afferma Raffaele Iosa nel libro “la scuola mite”: ” la scuola delle opportunità educative e del diritto allo studio come vorrebbe essere la nostra, ha bisogno di rompere l’ideologia della nomalità come “media” entro cui sopra stanno i più bravi e sotto gli incapaci”.

Chiedere a Lei, generale Vannacci, immerso in logiche rigidamente gerarchiche ed autoritarie, di rompere l’ideologia della normalità, credo che sia complicato. Penso, tuttavia, visto l’impegno istituzionale a cui l’hanno candidata, che, prima di parlare di Scuola, quantomeno un approccio superficiale ad un Bignami di pedagogia generale Le porterebbe un sicuro giovamento.

Un cordiale saluto.

Fiore Isabella

(Gia docente di sostegno della Scuola Primaria e autore del racconto autobiografico “La scuola secondo Mattia”)

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