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Lamezia. Pastorare giovanile, due giorni con gli studenti delle quarte classi degli istituti superiori

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Lamezia. Pastorare giovanile, due giorni con gli studenti delle quarte classi degli istituti superiori

La libertà di amare e scegliere il perdono

Libertà, amore, scelta, perdono. Queste le parole chiave su cui il Vescovo, monsignor Serafino Parisi, ha incentrato il suo saluto alla due giorni organizzata dalla equipe della Pastorale giovanile, guidata da don Luca Gigliotti, con gli studenti del IV superiore alla presenza di don Francesco Fiorillo, fondatore della fraternità-monastero San Magno, che ha portato ai ragazzi la sua testimonianza di vita.

“Io – ha detto monsignor Parisi – ho sempre sostenuto che la libertà è il valore assoluto perché, intanto, è quel segno che è stato posto sulla nostra fronte all’inizio della creazione. Dio ho fatto l’uomo e lo ha fatto talmente libero che, a un certo punto, ha anche abbandonato Dio. La libertà è una grandissima cosa, più della vita, che è certamente un valore fondamentale. Vi ricordate l’esperienza di padre Massimiliano Kolbe – ha chiesto ai ragazzi – ? Ha regalato la sua vita. Se non fosse stato libero, non avrebbe potuto regalare la vita messa al servizio dell’altro con il grande dono della libertà”.

Lamezia. Pastorare giovanile, due giorni con gli studenti delle quarte classi degli istituti superiori

E libertà, sogno, amore, scelte sono state anche le parole chiave del racconto a cuore aperto che don Francesco ha fatto ai ragazzi presenti partendo proprio dagli anni in cui il sacerdote aveva la loro stessa età, in una giovinezza segnata dalla passione per la musica e il divertimento, tra concerti e quelli che oggi chiameremmo “rave party”. Nel cuore sempre lo stesso sogno: il desiderio di libertà. “Non fatevi dire da nessuno che i sogni non servono a nulla che non si può vivere di pane e sogni – ha detto– abbiate il coraggio di scegliere e non lasciate che siano i giudizi degli altri e gli eventi della vita a scegliere per voi”.

La morte dell’amico Giulio durante una festa, l’incontro con Francesco d’Assisi attraverso un libro trovato in uno scaffale della sua stanza, la vocazione, il seminario, lo scontro e l’incontro con un padre che, fino al giorno della sua ordinazione sacerdotale, “non mi aveva mai guardato negli occhi, mai abbracciato”.

Ripercorre la sua vita don Fiorillo, cambiata radicalmente dall’incontro con Gesù “di cui sono perdutamente innamorato perché Lui ha messo al centro la persona e non si è fatto comprare da niente e da nessuno”.

La forza del perdono è un altro dei messaggi centrali consegnati dal fondatore di San Mango ai giovani lametini, quella forza che lui stessa ha sperimentato quando, pochi minuti prima della sua ordinazione, in una sacrestia, ha lasciato che il padre per la prima volta lo guardasse negli occhi e lo abbracciasse, liberandosi entrambi in un pianto che ha “lavato” anni di silenzi e rancori.

Lamezia. Pastorare giovanile, due giorni con gli studenti delle quarte classi degli istituti superiori

“Per perdonare – ha detto il sacerdote ai giovani – è fondamentale comprendere il male ricevuto, che non significa giustificare; opporre resistenza al male per non essere come colui che ci ha fatto del male; arrivare a ringraziare chi ci ha fatto del male”.

“Entra, chiunque tu sia”, è la scritta all’ingresso del suo monastero, a Fondi, dove don Francesco accoglie chiunque bussi alla sua porta e dove ha piantato un grande albero di mandorlo “per dire a chiunque entra in questo luogo: sii come il mandorlo, capace di fiorire in pieno inverno, quando tutto sembra finito, e di portare frutti al momento opportuno”.

“L’esperienza di don Francesco – ha detto monsignor Parisi – ci ricorda quella che è una delle parole più importanti del cristianesimo: il perdono che, anche nella lingua italiana, è un dono per. Innanzitutto è un dono per noi stessi. Ha detto molto bene don Francesco, il perdono non serve per liberare l’altro da una colpa che ha commesso, il perdono serve innanzitutto per facilitare me, per dare pace, per dare serenità alla mia vita perché se la nostra vita è una vita sempre avvelenata arrabbiata non riusciremo mai a realizzare incontri veri, relazioni costruttive con gli altri. E, quindi, è il recupero di questa serenità, di questa pace con noi stessi che il perdono è capace di fare, prima con noi e poi con gli altri. È un atto di verità, di libertà e di amore che facciamo innanzitutto come noi stessi. Il perdono non solo libera l’altro che lo riceve, ma fa stare bene me che lo dono, mi libera da quella rabbia e da quel rancore che non permettono di stabilire relazioni autentiche. Di fronte a tante esistenze segnate da ferite, tradimenti, non dobbiamo giudicare ma essere capaci stare in silenzio. Perché questo di cui tante persone hanno veramente bisogno: di un altro che faccia sentire la sua presenza, anche nel silenzio”.

Lamezia. Pastorare giovanile, due giorni con gli studenti delle quarte classi degli istituti superiori

“Voi – ha aggiunto – sapete che all’interno della Bibbia c’è un libro che si apre con un bacio? Non volevano inserirlo nella Bibbia ma ci è entrato di traverso ed è una delle più grandi poesie d’amore della cultura internazionale. È il ‘Cantico dei Cantici’, il canto di due innamorati, un pastorello ed una contadina, che si rincorrono in un gioco che si ripete sempre, in eterno: si incontrano, si nascondono, si fanno trovare. Dentro questo linguaggio altissimo di poesia c’è un grande messaggio che vale per la nostra vita: io posso possedere un orologio, una casa, un computer, un oggetto, ma una persona non la possiedo mai. La persona la devo sempre cercare per esprimere quel linguaggio dell’amore che si realizza pienamente quando i due riescono a dirsi parole vere. L’altro/l’altra non possono mai essere considerati come oggetto da possedere, da manovrare perché l’amore libera, libera la vita e quando costringe è un amore malato. Allora io vi auguro di immaginare la vostra esistenza come questo giardino che è il giardino della vita all’interno del quale voi possiate giocare sempre a cercare un amore, che possa esprimersi nel dono e non nel possesso, nella libera libertà e mai nelle catene, cioè un amore che possa riempire di gioia la vostra vita, come un dono per la vostra esistenza. Io sono molto colpito quando vedo ragazzi incapaci di gioire. Mi preoccupa. Come se avessero sempre tutti quanti il peso del mondo sulle spalle, solo loro. La gioia è l’espressione piena di una vita realizzata, certamente sofferta. Però è di una vita capace davvero di apprezzare ogni momento, ringraziando anche per il male subito, ma capace di poter esprimersi pienamente nella libertà, nella vita, che altro non è che gioia di amare e amare la gioia”.

Le due mattinate sono state segnata anche dalla musica di Romilda Cozzolino e dalla coreografia di Ilaria Badolato.

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