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Quella strana fiaba di Gesù

2 min di lettura

Che la regina Elisabetta I fosse un’appassionata cultrice di canarini lo sapevamo per via indiretta persino da Shakespeare che arrivò a complimentarsi con la sovrana dichiarando che «gli occhi della regina potevano trasformare in oro tutto ciò che vedevano».

E lei? Si lasciò ovviamente accarezzare dalla metafora del piumaggio: a volte, basta poco, per attirare l’attenzione, vero!?

Pochi sanno che l’augelletto è pure un po’ messianico: prima del miracolo di Cana potremmo dire che c’è la storia del canarino di Gesù. Possibile, direte!? Scopriamolo.

“Gesù e il canarino” è una delle 52 storie di “E la farfalla volò” (Ancora editrice) a cura di Mario Delpini, attuale arcivescovo di Milano.

La fiaba è ambientata proprio a Nazareth dove Cristo è cresciuto: un regalo sorprende il bambino, svegliato da un chiacchiericcio allegro e canterino mai ascoltato fino a quel momento.

Era un canarino che canticchiava in una gabbia di legno appositamente costruita da suo padre. Più o meno Titty e Silvestro nascono da questa tradizione, mi sa! Ecco perché ci sono familiari, anche se di gatti non se ne è mai parlato, almeno credo, nei Vangeli. Povero cugino di Tom!

Incontenibile fu la gioia del pargol divino che corse subito a chiamare i suoi amici perché venissero a vedere e stessero a sentire insieme a lui.

Il canarino era arancione, piccolo e vivace, saltava qua e là per la gabbia senza stancarsi mai: era talmente addomesticato da imitare persino la voce del suo padroncino. Quello pappagallava, e lui se la rideva fischiettando.

Amicizia a prima vista, insomma: il canarino lo svegliava alla prima luce del mattino; lo salutava con canzoni di festa quando rientrava in casa dai suoi giochi. Messo in libertà lo seguiva financo e fianco a fianco nei suoi giochi.

Un mattino, però, Gesù si svegliò col cuore in gola e lo trovò coricato con le zampette irrigidite in aria e gli occhi chiusi. Credette che si fosse addormentato: «Strano modo di dormire, questo!».

Ma quando lo prese in mano si accorse che il cuoricino non batteva più. Apriti cielo, spalancati terra, venne fuori il diluvio universale dai suoi occhi.

Noè, seconda puntata! Maria lasciò che Gesù piangesse e poi lo consolò: «Ora noi lo metteremo a riposare sotto la terra del giardino, morbida come una coperta. Ma il suo canto non si è spento.

È volato in cielo e corre a raccontare storie che fanno ridere e sognare i bambini di Galilea. È volato via il suo canto e noi, che ne ricordiamo qualche nota, ne trarremo una canzone, per far ridere e sognare i bambini di Galilea».

Dunque Maria, la madre, gioisce della gioia del suo bambino, raccoglie le confidenze e le sue lacrime, lo consola con la speranza, che diventa missione.

Il tutto nel piacere di una storia favolosa, che è vera di una verità profonda che le dà vita, anche se, per la cronaca, non è mai esistita. Ma che importa!? Per le Palme concediamoci in quarantena quantomeno una fiabetta, che non fa male!

Prof. Francesco Polopoli

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