LameziaTerme.it

Il giornale della tua città



Quello che avrei voluto dire e non sono riuscito a dire..

3 min di lettura
antonello coclite

Avrei iniziato con un pensiero che avevo già scritto alla dipartita di mamma: Sei andata in cielo portandoti addosso, in silenzio, un dolore che non ha eguali. Ti voglio bene grande donna e immensa madre

Sono certo che anche da lassù saprai guidarci e…chiederai, come solo una  mamma sa fare… un miracolo…. per una persona a te e a noi tutti, molto cara.
Avrei proseguito con un pensiero per il mio grande fratello, si perché io sono il fratello più grande, ma lui è stato e sarà sempre il mio grande fratello.

Caro Antonello, in quest’ultimi mesi ti sono stato vicino, come purtroppo non avevo mai fatto, nella consapevolezza che avevi bisogno di particolare calore umano.

L’ultimo periodo della tua vita è la naturale conseguenza di chi come te, trascura il proprio cammino terreno.
Ognuno di noi porta con sé determinate patologie che possono essere tenute sotto controllo. Ma tu non curavi più il tuo corpo da tempo; da quando il mondo intero ha conosciuto quela maledetta infezione dal nome “covid “.

Da allora, come sempre, ma con più attenzione, tutto te stesso l’hai dedicato alle persone più fragili, che tu amavi particolarmente, gli ospiti (così chiamavi gli anziani) della “TUA TAMBURELLI”.

Per te, cosi dicevi, ci sarà tempo, e invece quel tempo ti è mancato. Sei andato via e non sono riuscito a convincerti che era ormai giunto il momento di ricominciare a pensare anche un pochino a te.

Hai concluso la tua vita terrena per una semplice disattenzione della glicemia.

La medicina attesta che i valori normali di glicemia (glucosio nel sangue) sono compresi tra i 70 e i 100 milligrammi/decilitro (mg/dl) dopo 8 ore di digiuno. Quando sono al di sotto di 70 mg/dl si parla di ipoglicemia e in questi casi le cellule dell’organismo non sono in grado di produrre energia per svolgere le loro funzioni.
I valori riscontrati a te, il giorno del tuo trasporto in ospedale, erano vicino a 20.

Lo ricordo benissimo quel giorno, che doveva essere di festa (era il giorno del tuo sessantaquattresimo compleanno) e si è invece  trasformato nel giorno per me più triste.

Ti avevo portato il caffè per iniziare la giornata di festa e ti ho trovato bagnato come appena uscito dalla doccia, con un bicchierino da caffè pieno di zucchero rivolto su un fianco.

Si, quella mattina hai cercato con tutte le forze di prendere rimedio a questa brutta patologia che solo nell’ultimo periodo avevi conosciuto, ma non ci sei riuscito.

Le cellule della parte cognitiva del tuo cervello, del tuo grande cervello, si sono irrimediabilmente spente, in modo tristemente per sempre.

Poi la lunga e triste agonia fino alla morte. Ma ora sei vicino a mamma, a papà e a tutti quelli che ti hanno voluto bene, parenti e amici.

L’ultimo abbraccio la tua famiglia te l’ha voluto regalare nella cattedrale, perché tu non eri solo di un quartiere ma di tutta la città e tutta la città ti ha regalato l’ultimo abbraccio.

Ti voglio bene mio grande fratello.

Vittorio Coclite.

Dichiarazione in esclusiva rilasciata a Giampiero Scarpino

Click to Hide Advanced Floating Content