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Un lametino vittima delle foibe: Salvatore Coccimiglio

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Un lametino vittima delle foibe: Salvatore Coccimiglio

10 febbraio 2024 – Giorno del Ricordo dei martiri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata

In occasione del Giorno del ricordo il Centro di Documentazione e Studi su Lamezia e il Comprensorio Lametino della Biblioteca Comunale “Oreste Borrello” celebra la memoria di una vittima lametina delle foibe, il sottobrigadiere della Guardia di Finanza Salvatore Coccimiglio, nato a Sambiase il 24 dicembre 1899.

Attraverso non semplici ricerche, che hanno portato anche a rintracciare a Trieste la figlia del Coccimiglio, la signora Pasqualina, si è riusciti a fare luce su una significativa vicenda biografica finora sconosciuta alla nostra comunità.

Il 2 maggio 1945, all’indomani dell’entrata a Trieste dei partigiani slavi che avevano preso il controllo della città sostituendosi al Comitato di Liberazione Nazionale, 97 finanzieri della Sesta Legione in servizio presso la Caserma di Campo Marzio ‒ benché avessero fornito un determinante contributo alla liberazione della città dall’occupazione tedesca ‒ vennero disarmati e fatti prigionieri: tra questi si trovava il sottobrigadiere Salvatore Coccimiglio, già reduce della prima guerra mondiale come “ragazzo del ‘99” e residente a Trieste insieme alla moglie Maria Teresa Marano (anche lei originaria di Sambiase) e alla figlia Pasqualina, di soli sei anni.

Un lametino vittima delle foibe: Salvatore Coccimiglio

Deportati dai titini nel lager di Borovnica in Slovenia, i militari furono quindi in gran parte uccisi durante la prigionia e i loro corpi occultati all’interno di fosse comuni e foibe, cavità naturali molto profonde tipiche delle aree carsiche.

I finanzieri della Caserma di Campo Marzio sono oggi ricordati presso la “foiba” di Basovizza, una cavità artificiale nei pressi di Trieste che durante le fasi finali della Seconda guerra mondiale divenne un luogo di esecuzioni sommarie per prigionieri, militari e civili.

Oggi la Foiba di Basovizza è Monumento Nazionale e sede di un Sacrario, con annesso Centro di documentazione: essa costituisce non solo il luogo del sacrificio di molte vittime innocenti, ma anche un luogo simbolo per ricordare tutti le altre foibe, le deportazioni e i drammi che hanno segnato le vicende del confine orientale alla fine del secondo conflitto mondiale.

Qui una lapide commemorativa riporta il nome del nostro concittadino Salvatore Coccimiglio, insieme a quelli degli altri 96 finanzieri della Brigata di Campo Marzio di Trieste, annualmente onorati dal Comando Regionale della Guardia di Finanza.

Il 29 aprile 2006 sono stati conferiti alla signora Pasqualina, figlia di Salvatore, il diploma e la medaglia di riconoscimento per i congiunti degli infoibati da parte del Presidente della Repubblica, in base alla legge 92 del 30 marzo 2004, la stessa che istituisce il 10 febbraio di ogni anno come Giorno del ricordo delle vittime delle foibe.

“L’Italia non può e non vuole dimenticare: non perché ci anima il risentimento, ma perché vogliamo che le tragedie del passato non si ripetano in futuro”. Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica Italiana, 8 febbraio 2006.

Un lametino vittima delle foibe: Salvatore Coccimiglio

Si ringraziano la signora Pasqualina Coccimiglio e suo figlio Fabio Bossi per la gentile concessione della documentazione e del materiale fotografico e per la disponibilità dimostrata nel ricostruire le vicende familiari; il prof. Franco Mastroianni, per aver portato alla nostra attenzione il nome di Salvatore Coccimiglio; il dott. Paolo De Filippo e il dott. Matteo Scalise per la collaborazione alle ricerche; la dott.ssa Luisa Di Crosta, funzionaria referente per i contatti con i parenti degli infoibati della Presidenza del Consiglio dei Ministri; il Comando Regionale Friuli Venezia Giulia della Guardia di Finanza; l’ex assessore alla cultura Giorgia Gargano per aver sin da subito sostenuto l’idea di restituire la giusta attenzione a un frammento di storia della comunità lametina finora sconosciuto, preservandone così la memoria.

Tutta la documentazione raccolta inerente la vicenda di Salvatore Coccimiglio è conservata presso il Centro di Documentazione e Studi su Lamezia e il Comprensorio Lametino, con sede nella Biblioteca Comunale “Oreste Borrello”, dove è disponibile per la consultazione.

Il Centro intende effettuare in futuro ulteriori approfondimenti di ricerca sia sulla vicenda di Salvatore Coccimiglio che su quella di altri dispersi di origine lametina con analoghi destini: come Vincenzo Russo, Maresciallo capo di P.S., anche lui nativo di Sambiase, arrestato dai titini il 2 maggio 1945 presso la Questura di Trieste e deportato per ignota destinazione, e Antonio Claudio Vallone, bersagliere, deceduto il 27 novembre 1945 nel lager di Borovnica.

Un lametino vittima delle foibe: Salvatore Coccimiglio

Si trascrive qui di seguito la lettera inviata al Centro da parte della signora Pasqualina Coccimiglio, che oltre a ricordare il triste episodio paterno, fa cenno anche alla vicenda di suo nonno materno, Francesco Marano, tra i militari morti sul Carso durante la Prima guerra mondiale, il cui nome appare sul monumento ai Caduti della Grande Guerra di Sambiase:

“Sono Pasqualina Coccimiglio, nata a Trieste il 3 marzo 1939. Mio padre, Coccimiglio Salvatore, era nativo di Sambiase in provincia di Catanzaro. In giovane età aveva frequentato la Scuola della Guardia di Finanza a Roma e dopo aver lavorato in varie città italiane (Roma, Torino, Brescia, Venezia) era stato trasferito a Trieste.

Nel 1938 aveva sposato Maria Teresa Marano, sempre di Sambiase, ed erano venuti ad abitare a Trieste.

Mio padre prestava servizio nella caserma di Campo Marzio. Nel maggio del 1945 erano entrate a Trieste le truppe partigiane del maresciallo Tito e avevano fatto prigionieri ben 97 finanzieri della suddetta caserma.

Non si seppe mai dove furono portati né si ebbero più loro notizie. In quel periodo molte persone, sia militari che civili, venivano gettate nelle foibe, enormi grotte carsiche molo profonde.

Nessuno si salvò tranne quelli che non erano presenti in caserma quella triste mattina.

Mio padre all’età di 17 anni era stato arruolato per partecipare alla Prima guerra mondiale con i ragazzi del ‘99.

In tale guerra, nel luglio del 1915, nell’ospedaletto da campo di Turriaco presso Gorizia, era morto il mio nonno materno, colpito alla schiena da una granata in azione bellica, lasciando mia madre orfana a soli sei mesi; mio nonno era Francesco Marano e il suo nome è sul monumento ai Caduti a Sambiase.”

Antonio Vescio

Direttore del Centro di Documentazione e Studi

su Lamezia Terme e il Comprensorio Lametino

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