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Lamezia. Ricordando il professore Paone: la lettera di un suo studente del Polo tecnologico

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Ad un anno distanza: in ricordo del professore Francesco Paone scomparso un anno fa a causa del Covid, una delle prime vittime lametine della pandemia. Pensieri e amarcord velati di malinconia nella lettera di uno dei suoi studenti del Polo tecnologico.

“Che cos’è un ricordo? E’ forse un luogo? Un momento? Un tempo? Una persona?

Io credo che il ricordo sia un dono. E’ come prendere una piccola scatola di vetro e conservarci dentro tutti i momenti, i luoghi, i tempi e le persone che hanno scaturito un tale sentimento da rimanere impresso e racchiuso in quella scatola.

Eccolo, il Ricordo!

Del Professore Paone ci sono tanti ricordi. Alcuni semplici, altri più importanti. E poi ci sono quei ricordi che dovrebbero rimanere tra allievo e studente, come quelli in cui lo “perseguitavamo” con le storie delle sue conquiste giovanili. Una cosa il Professore non doveva fare. Parlarci della sua giovinezza!

Fu una condanna (e per condanna, parlo della sua, dato che per noi era più un piacere!) decidere di parlare della sua gioventù con noi. Ma lui cosa poteva farci? Non era forse ancora un “giovane dentro”? O forse ostentava di esserlo, data la folta barba ed i ricordi di “avventure” passate? Ovviamente si scherza, ma le nostre conversazioni erano più o meno così. Un susseguirsi di botte e risposte, molte delle quali scaturivano una sana “competizione” filosofica/intellettiva tra Allievo e Professore. Molte volte ce la “dava vinta”. Forse perché eravamo troppo giovani per pensare come i grandi, o forse perché l’età stava incominciando a farsi sentire, e per lui erano più “botte” che “risposte”!

Ma una cosa era certa, il Professore Paone sapeva come parlare. Le discussioni non diventavano mai noiose (e per discussioni non intendo le lezioni, che, a differenza, sembravano avere un effetto narcotico su di noi! C’era sempre qualcosa di nuovo su cui argomentare. Ci fosse stato un attimo di tregua in cui, tra i due litiganti , il terzo potesse farsi una dormita! Alcuni dei nostri intervalli erano una vera e propria confessione, in cui noi, povere vittime, condannavamo il Professore con le nostre continue domande senza risposta a cui, puntualmente, egli trovava la “soluzione”.

E tra virgolette la parola “Soluzione” poiché non ci dava una vera e propria risposta, ma un modo in cui ognuno di noi potesse arrivarci. Dopotutto, il Professore sapeva bene che ogni studente era diverso dall’altro, ma questo non lo fermò, anzi, fu un motivo per spronare i suoi studenti a dare del loro meglio, anche nelle piccole cose. Un altro ricordo che abbiamo di lui è il sarcastico modo in cui ci chiamava o ci soprannominava!

“Numero Uno!” Quante volte abbiamo sentito questo soprannome, e quanti studenti ci chiamava così!

Una scuola di numeri uno, insomma! Il Professore era un gran burlone, questo lo si sa, ma noi avevamo un vantaggio su di lui. L’età.

E si, caro il mio Professore, la vecchiaia si faceva sentire eccome! Dopo tutti questi anni non riusciva più a reggere il confronto con noi giovani studenti, soprattutto con soggetti come il sottoscritto che, più di una volta, facevano partire una “lotta all’ultima analogia”, provando a mantenere un testa a testa col Professore! Quante volte vinsi? Probabilmente più di lui! Ma quante volte imparai dalle sue parole? Ogni singola volta. Perchè? Beh, perchè:

anche dietro a quel mento barbuto che radeva ogni giorno, alla ricerca di una pelle liscia e giovane;

anche dietro a quella folta chioma bianca, che sistemava ogni due per tre;

anche dietro a quei maglioni pesanti, rigorosamente abbinati ad una camicia color neve;

anche dietro a quel fisico d’atleta, che tante ne aveva passate;

c’era ancora il cuore di un ragazzino, lo stesso ragazzino che, con l’età, non perse la sua qualità numero uno.

La folta chioma? Nah, quella non durò molto.

L’addome scolpito? L’ha mai avuto?

La pazienza? Quella gliel’abbiamo consumata noi, non vi preoccupate!

No no, signori, la qualità numero uno del professore era l’ascoltare. E per ascoltare non si intende il semplice “sentire”, ma proprio il capire cosa l’allievo stesse dicendo, anche leggendo tra le timide o nervose righe delle nostre parole. Con lui abbiamo capito che l’arma più forte che si possa avere è la parola, perché con una singola parola può nascere una discussione piena zeppa di botte e risposte, in cui non si trovano né capo e né coda. Ma con la parola si possono anche rimarginare ferite, ferite che in molti potrebbero smettere di curare.

Ma ora non dilunghiamoci troppo! Dopotutto, sappiamo tutti che il Professore Paone amava essere il più sintetico possibile, evitando di far scaturire la conversazione in una lunga ed estenuante chiacchierata, no?

E lo so, lo so.

Questa non è la solita “lettera” piena di lodi e/o aneddoti simili ad onorificenze. Ma non erano proprio questi piccoli “difetti” a rendere Franco Paone il nostro Professore? Sarebbe un vero peccato non ricordarlo anche così, non credete? Noi ci sentiremmo in colpa a non farlo, per carità!

Grazie per averci insegnato a crescere prima come persone, che come studenti, Professore. Ma purtroppo non abbiamo più modo di ringraziarla come prima. O forse sì? Forse ricordandola così. Stessa Persona. Stesso Ricordo”. Ad un anno di distanza”. 

Pierluigi Vono per la tua ex 5F

 

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