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La vita ai tempi del Coronavirus: la testimonianza di una farmacista lametina a Milano

3 min di lettura
caterina perri

Da farmacista ho continuato a lavorare nel mezzo della tempesta

Dall’esterno verrebbe da pensare: “per te alla fine non è cambiato nulla” e invece non è assolutamente così.

La farmacia non è più la stessa, le giornate non hanno più lo stesso sapore di prima e trasmettono una sensazione surreale di ansia e tensione invisibili. Apro gli occhi la mattina prima ancora che suoni la sveglia, prendo il solito caffè d’orzo al volo, mi vesto di fretta, indosso guanti, mascherina e varcando la porta ho la sensazione di partire per una sorta di missione.

Il tram è vuoto, attraversa una Milano deserta, il passaggio davanti Piazza Duomo mi ricorda curiosamente il giorno di Ferragosto. Dal vetro del tram mi arrampico con gli occhi lungo i fianchi delle guglie. Le punte sottili mi portano a sollevare la testa ed alzare gli occhi al cielo azzurro che sovrasta la piazza e sembra lanciarmi un messaggio: “Kate guarda in alto, questa tempesta passerà’’.

Arrivo a lavoro, primo cambio di guanti, indosso il camice bianco, infilo doppia mascherina e inizia la mia missione.

La coda è già lunga, entrano alcuni dei clienti di sempre, ma anche loro non sono più gli stessi: lo sguardo e la voce sono diversi.

Sono spaventati e in cuor mio anch’io lo sono. Ogni giorno ricomincia da capo la ricerca disperata di guanti, mascherine e igienizzanti, ma soprattutto di una parola di conforto… Le loro fragilità e paure ti colpiscono dentro. Cerco di farmi forza, spero che il consiglio e il conforto che gli sto dando sia quello giusto. La farmacia, per moltissime persone, è un “porto sicuro” dove chiedere consiglio ed aiuto. La farmacia è sempre stata quello strano luogo dove andare quando sei assalito da dubbi e paure, mentre medico e pronto soccorso sono scomodi, considerati eccessivi o inaccessibili.

Poi ci sono quei vecchietti che chiedono la consegna dei farmaci a casa e, pur di non farli uscire e proteggerli, vado direttamente a casa loro, lascio il sacchetto fuori la porta e, osservata dallo spioncino, li sento ringraziare timidamente.

In questi momenti il mio cuore si riempie di gioia. Trovo la forza di andare avanti e sopportare i tanti episodi di tensione e rabbia: ad esempio per la mancanza di mascherine, le lunghe code, farmaci che a causa di una mezza fake news vanno sold-out in poche ore, o più semplicemente la tensione di certe persone trova sfogo in farmacia per i pretesti più disparati.

Tanti clienti chiamano invece solo per avere un po’ di conforto e compagnia. In particolare, un signore del ’35, almeno una volta a settimana telefona chiedendo di me, ed inizia così a raccontarmi della sua vita passata… Lui che ha vissuto gli anni della guerra ma anche la rinascita del paese.

Tuttavia, anche a lui questa nuova, strana guerra dei nostri giorni spaventa, perché è silenziosa, di un silenzio assordante e nemico. Continua raccontandomi della sua giornata passata tra cucina e terrazzo dove annaffia le sue piante e mi fa: “dottoressa stanno spuntando le prime gemme e presto fioriranno… e così sarà per noi… e le porterò uno di questi fiori…” riattacca.

Aspetto ogni settimana la sua chiamata e aspetterò il suo fiore quando tutto sarà finito.

Malgrado tutto, e anche dietro la mascherina, il sorriso per voi c’è sempre!

#tu resta a casa, io resto in farmacia!

Caterina Perri

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