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La Gioconda è anche sambiasina

2 min di lettura

Andy Warhol avrebbe dichiarato: “L’arte è già pubblicità. Monna Lisa potrebbe essere utilizzata da supporto per una marca di cioccolato, per Coca Cola o qualsiasi altra cosa”

Così è stato effettivamente: le agenzie di comunicazione hanno fatto riuso del ritratto in tutte le salse a scopo pubblicitario. Basta sbirciare un po’ da internauti: i media ci riconsegnano la Gioconda come faccina di non pochi prodotti commerciali.

La Pop art, in questo, ne è stata la madre incoraggiatrice: 

A fare una battuta Botero potrebbe promuovere prodotti dimagranti, mentre Dalì una vasta gamma di articoli depilatori, evitando di fare pubblicità occulta, dal momento che il web offre già uno scaffale giocondo di merce, strumentalizzando l’arcinoto quadro di Leonardo.

Una Gioconda, invece, mi pare inedita e ve la voglio presentare per la sua originalità: è di Franco Davoli, il poeta de La pacchiana, e la sua Monna Lisa proprio quell’abito indossa, pensate un po’!

Il paesaggio non è il verosimile scenario di Trezzo sull’Adda ma la morfologia montuosa del nostro lametino: l’abito, quello delle nostre matrone, rigorosamente!

Questo, detto tra le righe, tanto semplice non era: la sottana di lino candido con maniche semplici o ricamate, il panno sottogonna di colore adeguato alla posizione civile, la gonna lunga a ruota di colore verde o blu o anche nera, quindici metri circa di stoffa riccamente plissettata a nido d’ape, raccolta alla vita e legata posteriormente a formare un’ incredibile coda leggiadramente discendente fino alle caviglie, il bustino allacciato sul petto, “u spalliari” specie di gilet nero con mezzi manicotti stretti sulle maniche della sottana a creare graziosi sbuffi, il grembiule con due tasche e il fazzolettone, grande scialle nero da avvolgere alla bisogna intorno alle spalle.

Insomma, per chiuderla, anche la Gioconda del Louvre può prestarsi a promuovere il nostro territorio, perché no! C’è del Leonardo in ogni terra, ed è vincente, oltre che da Vinci.

Prof. Francesco Polopoli

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