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Lettera aperta di Fiore Isabella (TDM Lamezia) ai Dirigenti dell’ASP

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Riceviamo e Pubblichiamo una lettera aperta di Fiore Isabella (Responsabile TDM Lamezia Terme), rivolta ai signori Dirigenti dell’azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro e agli Operatori Sanitari dell’Area Lametina

Gentili Signori Dirigenti, signori operatori,

il 24 giugno 2021, esattamente un anno dopo il mio risveglio da un delicato intervento al reparto di neurochirurgia del Policlinico di Messina, Cittadinanzattiva di Lamezia Terme, riunitasi in assemblea, mi ha investito della funzione di responsabile del TDM (Tribunale per i Diritti del Malato).

Il richiamo alla coincidenza con un momento importante di recupero di alcune mie funzioni va al di là del novero delle cose che riescono in una Sanità, già di per sé in affanno,  messa, da circa un anno e mezzo, a dura prova dall’imprevista vicenda pandemica; il senso del risveglio, legato all’accettazione, a 69 anni suonati, di un compito così impegnativo, fa, inevitabilmente, i conti con la consapevolezza che la fragilità di chi combatte per curarsi, e possibilmente per guarire, non dipende dalla pandemia che, in questa orrenda congiuntura sanitaria, è stata capace di privatizzare anche il dolore.

Dipende, piuttosto, dalla generale percezione di una condizione di solitudine che si avverte quando, soprattutto d’estate, si ricorre al pronto soccorso e non si può fare a meno di osservare il concitato affanno, dei medici e degli infermieri rimasti a presidiarlo, mentre un display a scartamento cromatico si occupa della gradazione delle urgenze nella valutazione della sofferenza.

L’impegno a rompere questa solitudine è la ragione per la quale ho accettato l’impegno di volontario di Cittadinanzattiva nel TDM; una solitudine che nasce, da più di un quarto di secolo, dai tagli delle risorse alla  sanità pubblica che il Covid ha reso tragicamente palpabile, ma che è quotidianamente vissuta nel silenzio dei telefoni degli uffici o nell’impazienza di alcuni operatori  a cui gioverebbe qualche corso intensivo di comunicazione ecologica, indispensabile, come afferma Ian Leslie (The Guardian) nell’ultimo numero della rivista “Internazionale”, quando si pone il problema di “Come discutere senza aggredirsi imparando qualcosa dagli altri”.

Aggiungo io, anche da quelli che alzano la voce o, ahimè, per comprensibile frustrazione, fanno saltare qualche tavolo in aria. Penso, però, che curare la frustrazione sia possibile soltanto attraverso: l’individuazione, evitando di colpire nel mucchio, delle responsabilità del disagio non ascrivile, salvo le eccezioni riconoscibili e facilmente perseguibili, ai medici e agli infermieri, quasi sempre soli e in affanno; lo sforzo collettivo di riconoscere il “dissenso” come modalità di pensiero, fondamentale per la riuscita, di qualsiasi impresa condivisa, compresa una gestione della sanità affidata ai valori umani e non prioritariamente a quelli contabili.

Credo che confrontarsi su questi temi sia un metodo utile (pur sempre aggiornabile) per iniziare il mio percorso di attenzione istituzionale volontaria. E per  Voi, che, certamente, avrò l’onore d’incontrare, e che cordialmente saluto, un’opportunità di approccio costruttivo di relazione con la struttura che ho l’onore di rappresentare. Insieme, nella tutela dei diritti del Malato.

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