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Raffaele Corso, il padre della Etnografia italiana

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Raffaele-Corso

Di formazione giuridica, africanista sotto il fascismo, Raffaele Corso darà le fondamenta metodologiche alla moderna etnografia in Italia

Raffaele Corso nacque a Nicotera (VV) l’8 febbraio da Diego e Teresa Stilo.

Il padre alla professione medica associava la passione per gli studi e la ricerca storica e archeologica (grazie alla sua amicizia con lo storico Michele Amari) che trasmise al piccolo Raffaele.

Corso, dopo aver frequentato le scuole dell’obbligo nel paese natale, si diplomò presso il liceo classico “Michele Morelli” di Montelone Calabro (oggi Vibo Valentia).

S’iscrisse a Giurisprudenza a Napoli, ma in contemporanea, grazie alla conoscenza del filosofo Benedetto Croce che comprese la vera passione intellettuale del giovane calavrese lo presentò a Giuseppe Pitrè (antropologo insigne palermitano) di cui frequentò i corsi universitari e di cui divenne in breve tempo fedelissimo discepolo e grande amico (furono ben 154  le lettere che Pitrè inviò allo studioso nicoterese).

Nel 1906 Corso comunque si laureò in Giurisprudenza con una tesi sui Proverbi giuridici italiani, tradotta in due lingue dove Corso teorizzò ed espose la sua idea di una nuova scienza, l’archeologia giuridica, cioè «una scienza delle reliquie sociali e morali, dei simboli frammentari e delle infrante istituzioni, per comprendere quanto del passato è scomparso, quanto del vecchio rivive, quanto sulle antiche tracce si rinnova» e dove «essa studia l’eredità barbarica, i resti dei monumenti giuridici, gli avanzi delle legislazioni attraverso le mine, le trasformazioni, le sostituzioni nel tempo e nello spazio, e li mette in rapporto con la storia».

Dunque Corso decise di dedicare la sua intera vita allo studio, conoscenza, catalogazione delle diverse tradizioni popolari, scritte, orali, materiali, immateriali dando quindi vita anche in Italia alla scienza del Folklore che usò da quel momento il metodo scientifico di analisi e comparazione dei diversi dati raccolti per fornire informazioni fra le più veritiere e coerenti.

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Corso introduce il concetto di Folklore in Italia

Corso poteva attingere vasto materiale antropologico e folclorico iniziando dalla sua terra natale. Numerosissimi saranno i testi da lui scritti sulla cultura subalterna calabrese quali Una leggenda americana in Calabria; La Fanciullezza di S. Gennaro; Sulla patria di S. Gennaro; La leggenda del rinnegato di Nicotera; Echi leggendari delle incursioni barbaresche su Nicotera; Per un passo in onore di S. Francesco di Paola; Saggio sui blasoni popolari calabresi; Le consuetudini di Catanzaro; Piccole industrie calabresi; Usanze popolari in Calabria; Visione del Natale nella vecchia Calabria; La leggenda calabrese di donna Canfora; Miti e leggende di Calabria: la canzone popolare di  Rosa  e Flora;  Wellerismi calabresi,  napoletani,  pugliesi  e siciliani;  Il folklore  della Calabria ed i suoi studi; Per un Museo delle tradizioni popolari in Calabria; La Pasqua in Calabria; Una canzone popolare calabrese;  Tradizioni festive in Calabria; L’arte popolare in Calabria; Le farse di Carnevale in Calabria; Il mito delle sirene nella tradizione popolare calabrese; Il ciclope e le tradizioni popolari calabresi; Amuleti calabresi; L’arte  tessile di  Calabria;  Santi pluviali  in  Calabria;  L’ulivo  nella  Calabria; Tradizioni sull’olivo in proverbi calabresi; L’aleologia nei proverbi calabresi.
Il suo libro (fra i tantissimi che scrisse) che pose davvero le fondamenta metodologiche della scienza folklorica fu però FolkloreStoriaObiettoMetodo (Napoli, 1923) che ebbe vasto consenso in Italia e all’estero.

Importante in questo periodo furono l’inizio della stesura di diversi i saggi sul matrimonio quali Gli sponsali popolari (Napoli, 1908) e Patti d’amore e pegni di promesse (S.Maria Capuavetere, 1924) dove approfondì lo studio del cerimoniale e del rito nuziale soffermando la sua attenzione al profondo valore rituale del dono che non poteva tradursi in un mero scambio di merci.

Grazie a queste pubblicazioni Corso ebbe modo di conoscere fra le più importanti personalità intellettuali del tempo quali ad esempio Francesco Torraca (critico letterario), il poeta Gabriele D’Annunzio (col quale progettarono la fondazione di una rivista, Le tradizioni popolari italiane, e di una società delle tradizioni popolari italiane infine mai realizzati), il politico liberale Vittorio Emanuele Orlando oltre che numerosissimi giuristi, letterati e politici.

L’insigne etnografo Lamberto Loria gli propose di collaborare con lui a Firenze presso il Museo d’Etnografia italiana (1906) quando Corso non aveva che soltanto venticinque anni. Enorme ammirazione suscitò ancora Corso nel 1911 a Firenze, durante il Primo Congresso di Etnografia che gli fruttò nel 1914 la chiamata alla docenza universitaria per insegnare Etnografia presso l’Istituto di Antropologia di Roma dove rimase fino al 1922, quando «per chiara fama» gli fu conferita la cattedra di Etnografia all’Istituto universitario orientale di Napoli, ove rimase fino al 1953, data del collocamento in pensione.

Corso e il fascismo

Ancora oggi è difficile in sede storica stabilire quanto sia stata sincera l’adesione di Raffaele Corso al fascismo, cioè se per vera convinzione ideologica o mero opportunismo politico. E’ innegabile però che durante il Ventennio  le sue ricerche ebbero grande impulso e considerazione.

Nel 1925 fondò la rivista Il Folklore italiano (che per l’avversione del fascismo ai nomi stranieri dovette cambiare nome in Archivio per la raccolta e lo studio delle tradizioni popolari italiane).

Nel frattempo si specializzò in africanistica e in tale veste si recò tantissime volte in Africa per studiarne le tradizioni popolari locali come inviato nel 1935 del Ministero della Educazione Nazionale e dalla Società Geografica per effettuare una ricerca di carattere antropologico -folclorico nel Fezan (regione storica della Libia) per studiare l’antico popolo dei Tuareg da cui scaturironono diversi studi e pubblicazioni generali sul continente nero quali Studi Africani,  Africa – Cenni razziali,  Africa Italiana – Gente e costume,  Aspetti di vita africana nonchè l’istituzione a Napoli di due corsi di cultura africana: «L’Africanista» e «Le Istituzioni Abissine».

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Nel 1938 Corso in occasione della promulgazione delle leggi razziali firmò il Manifesto dei scienziati razzisti.

Ad ogni modo la sua autorevolezza negli studi sulla cultura africana travalicavano l’Italia tant’è nel 1935 fu chiamato a presiedere il Congresso Internazionale di Scienze Antropologiche ed etnografiche di Londra, poi ricoprì la carica di presidente della Società africana Italiana e infine tornato in Gran Bretagna fu nominato membro del Governing of Body the International African Institut of London.

Gli ultimi anni, la morte e il ricordo postumo

Con la cadura del regime fascista Corso avrà giovato dell’indulto Togliatti  del 1946 ripubblicando nello stesso anno la sua rivista edita dal 1925 e che dovette sospendere per cause belliche nel 1941 col nuovo nome di Folklore avente lo scopo di rendere la rivista uno strumento di coordinamento delle varie ricerche a carattere regionale e di valorizzazione delle testimonianze folkloristiche. Continuò a partecipare a congressi sul tema del folklore in Italia e all’estero fino al suo pensionamento avvenuto nel 1953 da docente ordinario di Etnografia all’Istituto universitario orientale di Napoli. Corso non recise mai i legami con la sua Nicotera dove si recava in vacanza tutte le estati. Morì ad 82 anni a Napoli il 29 luglio 1965.

Oggi a Raffaele Corso sono intestati il Museo Calabrese di Etnografia e Folklore di Palmi (tutelato dall’UNESCO) e una via e la Biblioteca Comunale della natia Nicotera.

Leggi anche la biografia di un altro grande etnografo calabrese, massimo esperto di cultura arbëreshë Giuseppe Gangale.

M.S.

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