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Vacantiandu. “Minchia Signor Tenente!” ovvero il valore sociale del Teatro

4 min di lettura

Lamezia Terme, 26 febbraio 2022. Nuovo appuntamento con la stagione teatrale Vacantiandu, direzione artistica di Nico Morelli e Diego Ruiz.

La rassegna, realizzata dalla compagnia I Vacantusi di Lamezia Terme in collaborazione con la Federazione Italiana Teatro Amatori e il patrocinio del Comune di Lamezia Terme, è finanziata dalla regione Calabria.

In scena, al Teatro Grandinetti, per la sezione dedicata al teatro amatoriale, la commedia “Minchia Signor Tenente!” della Compagnia Il Volo delle Comete di Amantea (CS), regia di Giacomo Aversa.

Lo spettacolo è scritto da un giovane e talentuoso attore/drammaturgo napoletano, Antonio Grosso, il quale si ispira proprio alla canzone-denuncia presentata da Giorgio Faletti a Sanremo nel 1994.
Minchia Signor Tenente! affronta, infatti, il tema difficile e spinoso della legalità e di coloro che sono delegati a farla rispettare: i Carabinieri. Uomini e donne che svolgono in silenzio il loro lavoro e che sono chiamati a proteggere tutti i cittadini.

La storia è ambientata in una caserma dei Carabinieri di un paese senza precise coordinate geografiche. La vita scorre monotona perché in quel posto “non succede mai niente” se non fosse per le continue denunce di Parerella, una signora un po’ svagata che si crede vittima di continui furti.

E lo spettacolo inizia con un prologo – alla maniera dei testi classici – che l’autore affida proprio a Parerella sulle note malinconiche di Amara terra mia. Interpretata magistralmente da Roberta del Rosario, Parerella è una sorta di fool, la matta del villaggio che con i suoi lazzi surreali, i suoi nonsense, le sue storpiature fonetiche, il suo straziante candore dispensa perle di saggezza sotto forma di risata. Ma è anche il simbolo del cittadino comune che ripone la propria fiducia nelle Forze dell’ordine e vi si rivolge per ottenere giustizia.

Nella prima parte, la caserma appare come un piccolo microcosmo privato, quasi a gestione familiare, dove i fatti scorrono con il ritmo della vita. Ogni personaggio rappresenta sulla scena qualcosa che fa riferimento alla propria esperienza, al proprio modo di essere, ai propri sentimenti e che si traduce in parole e azioni ricche di freschezza e vitalità. Felice anche l’impasto di differenti inflessioni dialettali che attribuisce a ciascuno degli interpreti una identità linguistica legata al proprio luogo di provenienza.

L’autore si diverte a spiare le scaramucce, le piccinerie, gli slanci di questi rappresentanti dell’arma con uno sguardo ironico, scanzonato e affettuoso.

In questo ambiente domestico non si avverte la rigidità delle gerarchie, nonostante i tentativi del Maresciallo Antonino Chicherchia – interpretato da un ottimo Giuseppe Miraglia perfettamente in ruolo – di ristabilire ordine e regole.

Sulla realtà verosimile del racconto scenico si poggia in filigrana la storia d’amore tra il carabiniere Francesco, al quale Luigi Cantoro infonde (ma senza esagerare) l’estro della napoletanità e Sara, interpretata da Elvira Signorelli, che disegna una tenace e ribelle figura di innamorata.

Ma lo spettacolo è un affresco corale in cui tutti gli altri attori – Enzo Alfano (Brigadiere Vincenzo), Aurelio Luongo (Giorgio), Luca Alfano (Remo) – recitano con perizia e brio, nel rispetto dei tempi e dei ritmi che l’azione scenica comanda, esibendo una comicità controllata che, in qualche modo, serve ad alleggerire la carica drammatica della seconda parte agghiacciata da momenti amari e tragici anticipati dall’arrivo in caserma del tronfio e determinato Tenente Nannarelli al quale Tonino Sesti conferisce un atteggiamento di (apparente) indifferenza e straniata insensibilità.

Il secondo atto è tutto giocato sulla tensione. L’arrivo del Tenente Nannarelli scardina la tranquillità della routine quotidiana e ristabilisce i rapporti di potere. Lo scorrere del tempo è sottolineato dal cambio di divisa. Siamo nella stagione calda. La realtà esterna irrompe attraverso delle conversazioni telefoniche fuori campo che parlano di un attentato mafioso. In caserma c’è fermento. Nannarelli cerca di far leva sulla legittima ambizione dei suoi uomini, pungolando il loro orgoglio di appartenenza all’Arma. Due di loro, i carabinieri Giorgio e Francesco, vengono scelti per fare la scorta a un giudice.

L’esile filo narrativo deflagra come la bomba che spezza le loro giovani vite e diventa potente impatto emotivo nelle immagini che – sui versi di Minchia Signor Tenente e Malarazza – scorrono, snocciolando come i grani di un rosario, i nomi degli uomini e delle donne che hanno pagato con la vita l’adempimento del loro dovere. Servitori dello Stato che lo Stato non ha saputo proteggere, figli di un Paese che solo dopo morti li chiama “eroi”.

L’abile e rigorosa regia di Giacomo Aversa costruisce uno spettacolo divertente e amaro, reale e astratto insieme in cui una “piccola” storia, comune a tanti luoghi della provincia italiana, si inscrive nella Storia “grande”, quella con la S maiuscola che ha bagnato di sangue il nostro Paese.

E un plauso a tutta la Compagnia Il Volo delle Comete per avere scelto e portato in scena un lavoro necessario per l’esercizio della memoria, restituendo al teatro quella funzione sociale in grado di fornire elementi di analisi e momenti di riflessione da offrire, soprattutto, alle generazioni più giovani affinché acquisiscano coscienza della lotta che la democrazia del nostro Paese ha combattuto e continua a combattere contro un comune nemico che si chiama Mafia.

Bravi tutti!

Al termine dello spettacolo, l’omaggio della tradizionale maschera, simbolo della rassegna Vacantiandu ideata dal graphic designer Alessandro Cavaliere e realizzata dal maestro Raffaele Fresca, che il direttore artistico Nico Morelli e il direttore amministrativo Walter Vasta, introdotti da Patrizia Anania, hanno consegnato alla Compagnia Il Volo delle Comete.

 

Giovanna Villella

[ph_Desme Digital per Vacantiandu in Anteprima]

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