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Filastrocca dei mesi lametini

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Entrando nel vivo della discussione, nei calendari illustrati di una volta al posto delle modelle o dei tronisti c’erano i contadini: altri tempi, potremmo dire, già!

Questo è uno, ad esempio, e lo riesumo da un codice miniato del IX secolo, proveniente da Salisburgo, oggi a Vienna.

Probabilmente è il più antico, non avendo più completato nel merito questa catalogazione documentaria. Rapportandolo ad oggi, con un presente storico voluto, mi colpisce l’indicazione delle diverse attività che l’agricoltore ha necessità di svolgere nei diversi periodi dell’anno.

A gennaio ci si riscalda al fuoco, febbraio e marzo sono adatti a cacciare i volatili. Aprile è il mese del risveglio della natura, maggio dei fiori e dei primi ortaggi.

A giugno si ara per la semina, a luglio si falcia l’erba, ad agosto si miete il grano. Settembre è il mese per la trebbiatura, ottobre quello della vendemmia, a novembre e a dicembre si uccide e poi si lavora il maiale. Allo stato attuale, non vogliatemene male, le filastrocche scolastiche, benché paesaggistiche, hanno sottratto l’anima rurale della nostra anima sociale, condannando quel bel suo fascinoso «locus amoenus» ai margini di una società più industriosa ed industrializzata. Un esempio!? Seguitemi, senza alcun morso di polemica: preferisco metterlo in chiaro da subito:

«Viene Gennaio le nuvole nel cielo / Ecco l’inverno col freddo e con il gelo / Poi c’è Febbraio ed ogni scherzo vale / Tanta allegria evviva il Carnevale / Marzo burlone sorride pazzerello / Fuori c’è il sole ma portati l’ombrello / Reca l’Aprile con sé la primavera / Primule, rondini e brezza più leggera / Maggio ed il prato diventa tutto rosso / Rose e papaveri vedi a più non posso / Giugno saluta l’estate e il suo tesoro / Festa nei campi matura il grano d’oro / Luglio che caldo è ora di partire / Mare o montagna vacanze a non finire / Tempo d’Agosto brucia il sol leone / Metti la crema sei sotto l’ombrellone / Poi c’è Settembre l’autunno vuol tornare / Apre la scuola è ora di studiare / Viene Ottobre con l’uva e con il vino / Cadono foglie nel bosco e nel giardino / Ecco Novembre la pioggia tutto bagna / Funghi e lumache si trovano in campagna / Torna Dicembre con luci, doni e canti / Viene Natale auguri a tutti quanti/ Viene Natale auguri a tutti quanti».

Per quanto mi riguarda, sempre più penso che le nostri radici rimandino ad un’identità, che è maggiore prospettiva di slancio solo in un atto di fede al suo passato. La memoria, a mio avviso, apparentemente smemorata per una sorta di Alzheimer sociale, sa consolare, fino a portare a galla con il principio fisico della spinta archimedea, perle straordinarie di saggezza popolare.

Di tutto ciò me ne nutro ogni qualvolta accompagno una scolaresca ad una fattoria didattica, mentre si commenta un bollettino meteorologico o si porta a commento un brano georgico di ogni letteratura: non manca occasione in cui ribadisco, apertis verbis, che chi ci ha preceduto esperiva prima, sentenziando poi. Ad ogni modo la voce dei nostri avi, alla pari dei sogni, non si lascia soltanto nel cassetto.

Ecco perché la ripropongo, per farne spazio in comunità, dal momento che, come cosa comune, ci accomuna tutti.

Gennaio: «‘a nivi ‘i jinnaru ti linchi lu granaru» («la neve di gennaio ti riempie il granaio») e «Jinnaru siccu, massaru riccu».

Febbraio: «Frivaru sparti gualu» («il giorno è uguale alla notte») e «Frivaru curtu e amaru».

Marzo: «Marzu, marzicchiu nu pocu chiovi e nu pocu m’assulicchiu».

Aprile: «Aprili l’acqua tili tili», «4 aprilanti juarni 40», «Si s’adira aprili fa brushari i circhi di varrili» (se si arrabbia aprile fa bruciare i cerchi dei barili per il freddo»).

Maggio – Giugno: «a maju un mutari saiu», «a giugnu muta ntundu» («a maggio non cambiare vestito, a giugno puoi cambiare tutto che ormai fa caldo»).

Luglio:«si chiovi tra lugliu e agustu, chiovi meli,uagliu e mustu», «l’acqua di S Anna è ‘na manna» (25 luglio).

Agosto-Settembre: «Agustu porta littiri e Sittembri si leji, priparati i zimbili ca’u viarnu si ndi vinni» («agosto fa il postino per avvertire che l’estate volge al termine e arriva Settembre con i primi freddi, preparati i vestiti pesanti»).

Ottobre: «Ottobri piuvusu, campu pruspirusu», «Ottobri coci l’ova» (spesso fa un gran caldo»).

Novembre: «ppi tutti i Santi a nivi ppi li canti», «ppi san Martinu ogni mustu è vinu».

Dicembre: «allu 6 Nicola / alli 8 Maria /alli 13 Lucia / allu 25 u veru Missia».

Ringraziando Rosetta Mascaro, il cui contributo mi ha permesso di ricostruire la bellezza della nostra famiglia lametina.

Prof. Francesco Polopoli

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