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L’angelo azzurro

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Cosa ti COMBINO per il weekend14

Mentre a Oxford (Inghilterra) Venetia Burney, 11 anni, suggeriva il nome di quello che per lungo tempo sarebbe stato considerato il nono pianeta del sistema solare e non il nano di oggi, a Berlino, il 1° aprile dello stesso anno (1930), veniva proiettato il film L’Angelo azzurro, di Josef Von Sternberg, che avrebbe lanciato nel mondo del cinema l’attrice Marlene Dietrich, “la donna che perfino le donne possono adorare”.

Un anno prima della proiezione, Marlene veniva scelta per interpretare il ruolo di Lola, una cantante seducente e senza scrupoli che porterà alla rovina il vecchio professore Unrath, il personaggio nato dalla penna di Heinrich Mann.

L’abbigliamento di Lola: frac, cilindro e calze a rete, contribuirà a sottolineare l’ambiguità del suo fascino, che la renderà l’icona libertina di Berlino del periodo precedente al nazismo.

Solo più tardi Maria Riva, la figlia della Dietrich, rivelerà del lato tenero della madre, lo stesso che qualche volta l’aveva resa insicura, un lato che l’artista decise di mantenere segreto affinché nessuno potesse usarlo per scalfirne l’immagine.

La ragazza racconterà di come la madre avesse colpito il regista, tanto che, prima di farla esibire, Sternberg le fissò personalmente gli spilli al vestito e le sistemò i capelli per rassicurare una Marlene che non si riteneva ancora all’altezza.

Joseph Von Sternberg l’amava e le fece girare diversi film a Hollywood, le insegnò a gestire il lusso e l’immagine da diva.
Successivamente, di Marlene si evidenzierà anche una “parte politica”, che si opporrà al nazismo emergente che la rivorrebbe in Germania e non a servire “gli ebrei americani” e che durante la guerra canterà al fronte per i soldati.

In un’occasione l’attrice disse che a volte sentiva una responsabilità personale, perché se avesse accettato le offerte sessuali di Hitler forse sarebbe riuscita a cambiare il modo di vedere del dittatore e a evitare la guerra mondiale.

Nessuno avrebbe mai immaginato che L’angelo azzurro di Sternberg avrebbe creato un mito che si sarebbe contrapposto a quello della divina Greta Garbo.

Marie Magdalene Dietrich che già da piccola usava farsi chiamare Marlene, portava un nome che sarebbe diventato sinonimo di glamour e mistero per molte generazioni a venire.
Ma veniamo a noi! Nel mondo della miscelazione anni Ottanta entra in scena un drink che porterà il nome di “l’angelo azzurro”, una bevanda dai 35 gradi alcolici la cui ricetta prevede ancora oggi: 6 cl di Gin, Vodka o Rum; 4 cl di Triple Sec o Contreau e 1 cl di Blue Curaçao, servito all’interno di un tumbler basso on the rocks.

Generalmente un cocktail non deve superare la misura di 7 cl di alcool per bicchiere, questa ricetta invece ne contiene 11 e, pertanto, non può essere classificata.
Inoltre, gin, vodka e rum sono distillati molto diversi tra loro e optare per uno o per l’altro, come se la scelta non avesse effetti sul sapore del drink, lascia trasparire una conoscenza limitata della materia.

Qualcuno sostiene che la scelta del distillato debba ricadere sul cliente, che così andrà a selezionare quello che più gli piace, che sarebbe un po’ come se lo chef di un ristorante facesse capolino in sala esordendo: “Chi di voi oggi vuole le uova di quaglia nella carbonara?”.

La ricetta della pasta alla carbonara prevede l’uso delle uova di gallina, nonostante qualcuno a queste, preferisca quelle di struzzo oppure quelle di quaglia.
Per quanto riguarda il nome, non credo che questo drink sia stato creato da qualcuno rimasto ispirato dall’angelo azzurro di Sternberg, piuttosto penso che l’abbiano chiamato “angelo” per via delle visioni mistiche che hanno sperimentato dopo il suo consumo, e azzurro nella speranza che lassù nei cieli qualcuno li perdoni per l’oltraggiosa miscela ideata.

Probabilmente chiunque decidesse di fare un cocktail ispirato a Marlene dell’angelo azzurro, sceglierebbe un distillato più sofisticato e non una banalissima vodka, qualcosa che provenga dalla polpa di un frutto fresco magari, come un distillato d’uva, e delle arance; cercherebbe i fiori e non l’odore delle bucce di bigarade essiccate al sole come nel caso del triple sec e del curacao, quindi ovvierebbe per un distillato di succo d’arance, arance italiane; la sua irruenza lascerebbe pensare alle onde azzurre del mare e quindi allo sciroppo blu, la sua vivacità alla sapidità delle alghe brune dell’oceano e quindi alle alghe kelp, la sua dolcezza alla spremuta fresca di limoni, sincera come un fiordaliso.

Probabilmente verrebbe servito filtrato, senza ghiaccio, in una coppetta da cocktail bella e altera, sotto una campana di vetro come per sottolinearne il valore.
Probabilmente ai nostri giorni non si chiamerebbe the blue angel (l’angelo azzurro), ma porterebbe il nome light blue (Azzurra).

Light blue

3 cl di distillato d’uva Prime Uve Bianche 1,5 cl di distillato d’arance Prime arance 4 cl di spremuta di limone
2 cl sciroppo di zucchero Monin

1,5 cl sciroppo di blu curaçao Monin 1 pizzico di polvere di alghe help Petali di fiordaliso

Come ti combino il Light blue? Parliamo ora di Pairing..

..l’accoppiamento di due o più alimenti (food e drink) che per similitudine

o per contrasto, creano nuove sensazioni e nuovi sapori.

Il Pairing è l’incontro che celebra il nuovo.

Questo weekend vede protagonista un cocktail a tutto pasto, il suo abbinamento complementare? Il Crudo di pesce!

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