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Corrado Alvaro, il più grande scrittore della Calabria

6 min di lettura

Corrado Alvaro

Romanziere, giornalista, sceneggiatore, intellettuale poliedrico, Alvaro è l’unico scrittore calabrese divenuto un classico della letteratura italiana del Novecento.

Corrado Alvaro nacque a San Luca (RC) il 15 aprile 1895, primo di sei figli da Antonio, maestro elementare e fondatore di una scuola serale per contadini analfabeti e Antonia Giampaolo, proveniente da una famiglia di proprietari terrieri.

Alvaro da giovane

Formato sotto la guida del padre, Alvaro fin da bambino manifesterà voglia di studiare e apprendere, sicché, dopo le scuole elementari frequentate a San Luca, nel 1905 fu iscritto in un collegio di gesuiti, Villa Mondragone a Frascati (Roma), per continuare la formazione liceale ma da dove però il giovane Alvaro sarà ben presto espulso perchè sorpreso a leggere testi di Giosuè Carducci e Gabriele d’Annunzio allora proibiti dalla Chiesa Cattolica. Completò quindi gli studi a Catanzaro nel 1913, mentre già l’anno prima (1912) scrisse e pubblicò la sua prima opera letteraria sotto forma di opuscolo col titolo di Polsi nell’arte, nella leggenda, e nella storia.  Nel 1915 Alvaro fu chiamato a prestare il servizio militare presso Firenze nel reggimento di fanteria. Ferito alle braccia sul monte Sei Bussi presso San Michele del Carso (Gorizia), fu decorato con una medaglia d’argento. Da questa esperienza pubblicherà la raccolta poetica Poesie grigioverdi (1917). Intanto dal 1916 Alvaro fu a Roma dove incominciò a lavorare al quotidiano Il Resto del Carlino. Trasferito per lavoro a Bologna, nella città emiliana conobbe e sposerà nel 1918 la ragioniera e poi traduttrice di lingua inglese Laura Babini da cui ebbe l’unico figlio, Massimo. Nel 1920 pubblicò il romanzo La siepe e l’orto.

Alvaro giornalista, romanziere e intellettuale antifascista

Nel 1919 Alvaro si trasferì a Milano per lavorare presso Il Corriere della Sera e dove conseguirà nello stesso anno la laurea in Lettere. Nel 1921 fu corrispondente da Parigi per il quotidiano Il Mondo del liberale antifascista Giovanni Amendola, per cui subì diverse intimidazioni verbali e un episodio di violenza da parte delle squadre fasciste, mentre collaborava anche con il giornale satirico Becco giallo. Assisterà dunque con disappunto all’ascesa del fascismo, tanto che dopo il delitto Matteotti (1924) l’anno successivo firmerà senza esitazioni il Manifesto degli Intellettuali Antifascisti di Benedetto Croce. Nel 1926 pubblicherà il romanzo L’uomo nel labirinto.

Compreso che gli era ormai difficile lavorare tranquillamente nel mondo culturale italiano ormai controllato dal regime mussoliniano, Alvaro intraprenderà la carriera di inviato per l’estero e dal 1928 fu corrispondente a Berlino per La Stampa e L’Italia Letteraria. Nel 1929 uscirà la raccolta di racconti L’amata alla finestra, mentre nel 1930 sarà un anno d’oro per il sanluchese; infatti pubblicò il romanzo Vent’anni ma sopratutto vedrà la luce la sua opera più famosa, la raccolta di novelle Gente in Aspromonte che gli fruttò il primo importante premio letterario italiano bandito da La Stampa nel 1931. Sempre nel 1931 Alvaro si recò in Turchia e nel 1935 in Russia. Nonostante il suo sincero antifascismo, nel 1934 pubblicò un reportage sulla bonifica dell’Agro pontino per le edizioni dell’Istituto fascista di cultura che nel dopoguerra gli sarà rinfacciato come apologetico del regime e alla cui accuse lo scrittore calabrese replicherà dicendo che egli con quello scritto non voleva esaltare l’opera compiuta dal regime ma soltanto l’iniziativa della bonifica nazionale, promessa da secoli e mai attuata prima di allora.

Alvaro soldato nella Prima Guerra Mondiale

Grazie alla sincera amicizia con l’intellettuale ebrea e amante storica di Benito Mussolini, Margherita Sarfatti, Alvaro potrà nuovamente scrivere sui giornali italiani con una certa ma moderata libertà d’espressione. Nel 1937 collaborò con la rivista Omnibus dell’intellettuale Leo Longanesi, mentre nel 1938 pubblicherà il suo romanzo più famoso, l’Uomo è Forte osannato dalla critica. Nel 1941 si recherà per l’ultima volta nella sua San Luca per le esequie del padre. Tornerà comunque spesso in Calabria, ma a Caraffa del Bianco, per visitare la vecchia madre e il fratello prete Massimo. Dal 1940 al 1942 curerà la pagina critica teatrale del quotidiano Popolo di Roma di cui nel 1943 per alcuni mesi ne assumerà la direzione. Con l’occupazione nazista della Capitale, Alvaro fu costretto a fuggire a Chieti, negli Abruzzi, con il falso nome di Guido Giorgi, sostenendosi economicamente impartendo lezioni private d’inglese.

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Alvaro nel dopoguerra

Alvaro dal 1945 si schierò politicamente col Fronte Popolare formato dai socialisti e dal PCI, sostenendolo in occasione delle prime elezioni democratiche nel 1948.  La sua militanza nella sinistra si era già concretizzata nel 1945  quando fonderà con altri il Sindacato Nazionale Scrittori e la Cassa Nazionale Scrittori. Nel 1946 intanto pubblicò il romanzo L’età breve mentre nel 1947 assumerà al direzione del quotidiano napoletano Risorgimento a cui Alvaro darà una decisa impronta politica di centro sinistra che l’editore non apprezzerà costringendolo alle dimissioni. Nel 1951 vincerà il premio Strega con Quasi una vita. Alvaro, ricordiamo, fu anche un valente sceneggiatore e autore per film fin dagli anni Quaranta e per i primi sceneggiati Rai degli anni Cinquanta.

Alvaro a San Luca

La poetica di Alvaro

Abbiamo visto che l’attività giornalista di Alvaro fu prevalentemente in giornali di tendenza liberale – democratica prima del fascismo e di centro sinistra nel primo dopoguerra. Sempre presente fu nel pensiero alvariano il rifiuto dell’idea totalitaria in ambito politico e culturale.

I personaggi delle opere di Alvaro hanno in comune la condizione di “sradicato” che lo stesso Alvaro sperimentò quando da ragazzo fu quasi catapultato dalla realtà provinciale e chiusa calabrese alla realtà cosmopolita delle grandi città italiane prima e delle città estere in seguito. Anche i personaggi alvariani cercano allora e sempre il loro riscatto altrove, ma sono sempre inquieti e insoddisfatti, sempre in fuga dal luogo natio, avaro di opportunità, per una “fuga civile” dove però si ritrovano estranei e incompresi fino in fondo. Il tema dello sradicamento alvariano è molto simile a quello affrontato con sfumature leggermente diverse da altri scrittori calabresi come, fra i tanti, i poeti Franco Costabile e Lorenzo Calogero.

La Calabria di Alvaro è descritta come un microcosmo a sé, un “paradiso perduto”, scrigno di memoria astorica, eterna, mitica. Il linguaggio letterario alvariano ben si presta a questa descrizione della sua Calabria poiché già da esso si denota un continuo esercizio di “liberazione” da una condizione atavica di “subordinazione culturale” per l’acquisto di una coscienza civica nazionale e di respiro europeo, usando anche per questo scopo un taglio narrativo dal sapore verghiano, asciutto e realista fino in fondo.

Alvaro fu dunque al contempo uomo antico e moderno. Egli criticherà la modernità che stava esplodendo in Italia dal dopoguerra non per restaurare un passato non più ripetibile, ma per tentare di fondare un nuovo umanesimo che non dimenticasse i valori autentici, il senso religioso, le fondamenta di una civiltà si d’origine contadina, ma genuina e concreta in ogni suo aspetto essenziale.

La celebre frase di Alvaro

La morte e il ricordo postumo

Nel 1954 Alvaro si sottoporrà ad un delicato intervento chirurgico per un tumore addominale che però non sarà risolutore, portandolo così velocemente alla morte nella sua casa romana l’11 giugno 1956,ove lascerà le bozze di altri lavori letterari poi pubblicati postumi gli anni successivi.

Per sua volontà è sepolto nel cimitero di Vallerano (Viterbo), comune dove dal 1939 aveva acquistato una casa di campagna. Ad Alvaro, per la sua importanza letteraria di fama nazionale, negli anni il ricordo è stato perpetuato in molteplici forme. Noi ci limitiamo a ricordarne solo alcune. Il comune di Vallerano gli ha dedicato una via, la biblioteca civica e le scuole elementari e dal 2015 un Premio Letterario.

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Nella sua Calabria a San Luca è presente una Fondazione dal 1997 che raccoglie molti suoi manoscritti acquistati dalla regione Calabria, ed è sede di un Premio Letterario Nazionale dal 2005. La Biblioteca comunale De Nava di Reggio Calabria gli ha intitolato una Sala che contiene gli arredi, i tappeti, i quadri e i libri dello studio dello scrittore, donati dalla moglie Laura e dal figlio Massimo, mentre dal 2015 il Palazzo della provincia di Reggio Calabria, già Palazzo Foti, è stato rinominato Palazzo Corrado Alvaro.

Targa residenza romana di Alvaro

Vie a suo nome sono presenti in tutta Italia. Noi fra le tante ricordiamo quelle presenti a Serrastretta, Sellia Marina e Davoli nel catanzarese, Catanzaro, Rende, Paola, Diamante, San Lorenzo del Vallo e Cariati nel cosentino, Crotone, Roma, Vibo Valentia, Napoli, Gioia Tauro, Bianco e Taurianova e Molonchio nel reggino, Cirò Marina nel crotonese, Pozzuoli, Pomigliano D’Arco, Parma,  Milano, Viterbo, e in tanti altri comuni.

Matteo Scalise

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